Unbroken di Angelina Jolie
con Jack O’Connell, Takamasa Ishihara, Domhnall Gleeson
Voto 7-

Louis Zamperini correva forte e a lungo per sfuggire a risse e poliziotti. Era di famiglia italiana, lo chiamavano “mangiaspaghetti”, marcava male, ma si scoprì capace di finali veloci  alla fine delle gare di resistenza. Arrivò alle Olimpiadi. A Berlino nel ’36 nei 5000 finì settimo, primo degli americani e segnò un ultimo giro da record. Nella bio di Laura Hillebrand (Mondadori)   dice che chiese a Gobbels di fargli una foto ricordo con Hitler e che un po’ bevuto rubò una bandiera con la svastica rischiando un inizio di guerra mondiale. Il film ce lo risparmia, ma mostra che era resistente come un cavallo e “unbroken”, che vuol dire illeso, integro, costante, intatto, non addomesticabile, selvaggio. E poi il fratello gli diceva sempre: Per un momento di dolore una vita di gloria. In guerra su un bombardiere Zamperini sopravvive ai combattimenti, a un atterraggio nell’oceano, a 47 giorni su un canotto e finisce in un campo di concentramento giapponese. Qui inizia qualcosa di molto visto già nel Ponte sul fiume Qway, in Furyo, e nel recente Le due vie del destino. Il frustrato comandante del campo lo guarda negli occhi, gli dice di non guardarlo negli occhi e lo picchia selvaggiamente per tutto il film, finchè la guerra finisce. Un trattamento molto personale, speciale, sadico. Zamperini resiste a colpi e sofferenze incredibili e non si spezza. Dividiamo il film in sezioni: gioventù di Zamperini, ricostruzione di genere. Fase atletica: si nota la propensione della Jolie alle grandi campate ma con ordine. Citava la Riefenstahl? Momenti di gloria? Zamperini in guerra sui bombardieri. Tutti i soldati sembrano attori e fotomodelli (le foto nella bio mostravano facce e corpi più anni Quaranta) e l’uso degli effetti speciali è al servizio dell’estetica. Cita Memphis Belle? Che la Jolie abbia un’estetica romantica della resistenza al dolore? Campo di concentramento: guardi il comandante (che però è frustrato, solo caporale, come Hitler) e pensi al rapporto che c’era in Furyo tra Sakamoto e David Bowie. Ai tempi lo definirono Il ponte sul fiume gay tanto era sottolineata l’attrazione che diventava angoscia. Anche qui Zamperini resiste. Noi invece un po’ ci siamo rotti. Broken?

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1 COMMENTO

  1. Sono andato a vederlo ieri sera e sostanzialmente condivido quel che dici. Soprattutto che “i soldati sembrano tutti attori e fotomodelli”… E in generale manca un po’ di pathos.

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