Avventura Highway

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1991 – Era stato un viaggio importante, un sogno realizzato. Non era la prima volta che arrivavo negli States, ma mai prima per un tragitto così lungo, così fondamentale.

Il taxi che mi portava verso il centro di San Francisco era comodo e silenzioso, sarà stato l’effetto di circa quattorici ore di volo. Era sera e la baia mi apparve con una luce straordinaria, surreale. In quel silenzio sentivo ergersi i suoni di “Volunteers of America… got to revolution”, cercavo qualcuno da amare, stregato dalla voce di Grace Slick che, come una sirena, si rifletteva in quel crepuscolo mentre le braccia sollevavano China dalle acque del golfo e Paul Kantner mi incantava con “Sunfighter”. Cisco è tanto, se non tutto ed io ho visto le stelle quella notte.

Del mio incontro con i protagonisti della Beat Generation vi racconterò un’altra volta, la loro è proprio un’altra storia e, soprattutto,… loro sanno attendere sulla strada.

Guidavo lungo una highway incorniciata da boschi a sinistra e onde a destra. Vera Cruz e la sua giostra magnificamente antica con le foche che suonavano una colonna sonora che non mi avrebbe abbandonato per tante miglia. Carmel, sponsorizzata da Clint Eastwood con un pugno di dollari o qualche dollaro in più, vive placida nella sua silenziosa eleganza, mentre il sindaco buono vigila sui brutti e cattivi.

Monterey mi ha dato immediatamente la stessa confidenza che, nei miei pensieri, ero certo avere con lo spirito di quell’estate d’amore del’67 quando Eric Burdon mi raccontava…

The birds and the airplane did fly
Oh, Ravi Shankar’s music made me cry
The Who exploded into fire and light
Hugh Masekela’s music was black as night

The Grateful Dead
Blew everybody’s mind
Jimi Hendrix, baby
Believe me, set the world on fire, yeah

Down in Monterey

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Con la musica soave di Mama Cass, quella più ruvida di Janis Joplin, con quel gommoso blues dei Canned Heat e le decise note dei Buffalo Springfield arrivai alla città degli angeli, L.A. per il mio amico Jim Morrison che sosteneva che le persone sono strane quando sei un estraneo.

Laurel Canyon è una valle immersa tra gli arpeggi vocali di Joni Mitchell, il soul elegante ed ipnotico tra i vigneti di Marvin Gaye e le geniali orchestrazioni irriverenti di Frank Zappa nella sua contea arancione, dove, tempo dopo, in un fiume, Jeff Buckley continuerà a nuotare.

Lasciai la macchina per atterrare direttamente in Bourbon Street a New Orleans, la pioggia non arrivava a terra evaporando durante la caduta. “Where are you from?” chiedevano i bluesmen dalle porte dei club “Where are you from” con basso ed armonica ad accompagnare una voce grave. Louis Armstrong sorrideva dalla sua piazza mentre un bimbo, sotto la sua statua, suonava la batteria sognando di accompagnarlo.

Il volo verso Miami non è breve e poi con una decappottabile sotto un sole implacabile verso Key West lungo una strada irreale come una collana arrichita da qualche pietra tra due mari,  mentre la radio  trasmetteva Phil Collins…

I can feel it coming

In the air tonight

Oh Lord

And I’ve been waiting for this moment

For all my life

Un cocktail ed un sigaro di fronte alla casa di Hemingway, in compagnia dell’unico marlin sopravvissuto, che mi salutava. La palude non è lontana, intorno rullavano le Congas dei Miami Sound Machine e Gloria Estefan mi consegnò i saluti da portare all’amica Lisa, a New York.

Un ciclone spingeva minaccioso l’aereo verso la grande mela. Lisa mi aspettava nel suo ufficio, ma non da sola. Con lei c’era  Kelly Curtis che volle immediatamente farmi vedere il video appena realizzato per la nuova band di cui era manager. Assistetti all’esplosione di “Alive” eseguita da un gruppo di Seattle chiamato Pearl Jam e dissi loro “I love them”. Lisa e Kelly mi abbracciarono… “We love you”…  ed io tornai a casa in Italia a lavorare l’album “Ten” di questi fantastici Pearl Jam. La loro musica e la mia amicizia con Eddie Vedder inizia qui, ma anche questa è un’altra storia.

Questa è un racconto vero come è vero il mio amore per la musica…

Pearl Jam Ten

 

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