Sedici sfumature di “Sticky Fingers” dei Rolling Stones

Il mito della critica musicale Riccardo Bertoncelli ci racconta a modo suo un album mitico, "Sticky Fingers" dei Rolling Stones, che viene ripubblicato a 44 anni di distanza dall'uscita originale. Con l'aggiunta di alcune chicche

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Il 9 giugno viene ripubblicato Sticky Fingers, uno degli album mitici dei Rolling Stones (e più in generale della storia del rock): originariamente uscì nel 1971. Ecco un po’ di cose che so su quel disco…

➜ È il primo album degli Stones fuori dalla Decca, il debutto della Rolling Stone Records, l’etichetta fondata con l’aiuto di Marshall Chess, figlio del leggendario discografico Leonard.

➜ È il primo album senza nemmeno una nota suonata da Brian Jones e il debutto ufficiale in studio di Mick Taylor.

➜ Il brano più vecchio del repertorio è Sister Morphine, che risale alle sedute di Let It Bleed e prima della versione Stones uscì come lato B di un singolo di Marianne Faithfull. Marianne giura di avere scritto lei il testo, Jagger ha sempre minimizzato: secondo lui solo qualche parola, qualche piccolo spunto. Comunque per motivi di diritti all’epoca la canzone venne accreditata a Jagger e Richards mentre oggi nei crediti figura correttamente anche la Faithfull.

➜ Le sedute ufficiali per Sticky Fingers iniziano nella primavera 1971. Quando cominciano però i Rolling hanno giù qualcosa in carniere: Sister Morphine appunto, e poi un paio di brani che hanno abbozzato fin dal dicembre 1969 ai Fame Studios di Muscle Shoals, Alabama, cercando suggestioni “sudiste” alla fine di un loro tour americano (il più tragico, quello di Altamont). Uno di questi brani è Brown Sugar, una canzone che sarà rifinita poi nel dicembre 1970 agli Olympic Studios.

➜ Bill Wyman: “Mick scrisse Brown Sugar in Australia, mentre girava Ned Kelly. Contrariamente a quel che si potrebbe pensare, era un riff di Mick più che un’idea di Keith. Ispirato dalla musica di Freddy Cannon, sulle prime Mick intitolò il pezzo Black Pussy, poi decise di dargli un titolo più sensato. I versi furono in parte ispirati da una corista di colore che avevamo conosciuto a Los Angeles, Claudia Linnear.”

➜ La chicca delle nuove edizioni deluxe di Sticky Fingers è la alternate take di Brown Sugar registrata agli Olympic Studios il 18 dicembre1970, giorno del ventiseiesimo compleanno di Keith Richards. Keith si innamorò a tal punto di quella versione, con Al Kooper al pianoforte ed Eric Clapton prima chitarra, da premere perché venisse scelta al posto di quella già registrata. Poi però riascoltò i nastri di Muscle Shoals e si convinse che andavano meglio. Alle nostre orecchie, oggi: due grandi versioni, entrambe. Più fluida quella ufficiale, più selvaggia e disordinata la alternate.

➜ Un altro pezzo che viene da Muscle Shoals è Wild Horses. Keith Richards: “Wild Horses si scrisse quasi da sola. Ancora una volta, fu in gran parte frutto del mio cazzeggiare con le accordature. Avevo trovato un giro di accordi che dava alla canzone, specie su una 12 corde, un carattere e un sound particolari. […] Fu uno di quei momenti magici in cui tutto si incastra al posto giusto. Come per Satisfaction. La senti come in sogno, e d’un tratto ce l’hai tra le mani.”

➜ Come nel caso di Sister Morphine, anche per Wild Horses gli Stones non arrivarono primi nella pubblicazione. A maggio 1970 uscì una versione dei Flying Burrito Bros. sull’album Burrito Deluxe, curata da Gram Parsons, amicone di Richards e all’epoca molto introdotto nell’ambiente Stones. Siccome la canzone ha un marcato profumo country, si è sempre immaginato che Parsons abbia contribuito alla sua stesura – ma nessuno in effetti lo ha mai dimostrato.

➜ Ai Muscle Shoals gli Stones abbozzano anche You Gotta Move, una canzone in scaletta durante i loro show americani del 1969. La riprenderanno agli Olympic Studios per la versione definitiva, aprile 1971: un antico gospel approdato alla modernità grazie a Sam Cooke, al Reverendo Davis e a “Mississippi” Fred McDowell che gli Stones trasfigurano per l’ennesima volta, traendo spunto proprio dalla versione slow di McDowell.

➜ “Durante la registrazione di Sticky Fingers l’orologio di Richards pare funzionare a una velocità completamente diversa rispetto al resto del mondo. Il chitarrista infatti ha incominciato a fare uso regolarmente di eroina e la sua presenza alle sedute è incostante. Quando si presenta però è determinante, come ha raccontato Andy Johns: ‘Quando stavamo lavorando a Bitch, Keith era molto in ritardo. Jagger e Mick Taylor avevano suonato il pezzo senza di lui e non era venuto molto bene. Sono uscito dalla cucina e lui era seduto a terra scalzo che mangiava una ciotola di cereali. All’improvviso ha detto: ‘Ohi, Andy! Dammi quella chitarra’. Gli ho passato la sua Dan Armstrong di plexiglass, l’ha imbracciata, ha accelerato il ritmo del pezzo e gli ha dato la vibrazione giusta. All’istante, un pasticcio si è trasformato in un pezzo con un bel groove. Ho pensato: ‘Uau!, è QUESTO che fa’”. (Paolo Giovanazzi, Il libro nero dei Rolling Stones)

➜ Charlie Watts: “Sticky Fingers fu il primo disco in cui aggiungemmo dei fiati. Eravamo influenzati da Otis Redding e James Brown, e anche Delaney & Bonnie, con cui avevano suonato Bobby Keys e Jim Price. Fu per aggiungere una nuova dimensione, colori diversi, non per modificare radicalmente il suono del gruppo. E sul palco immagino che a tutti noi sarebbe piaciuto suonare con i fiati”. I Got The Blues e Can’t You Hear Me Knocking sono begli esempi di questo amore per il suono Stax e la musica di Otis Redding, Wilson Pickett, Sam & Dave. Il saxofonista Bobby Keys ci ha sempre scherzato su, ricordando le origini texane sue e di Jim Price, il trombettista. “Mick era tutto preso dai Memphis Horns e qui aveva i suoi Texas Horns.”

➜ Altri ospiti illustri: Nicky Hopkins suona il pianoforte in vari brani, Billy Preston completa l’accoppiata Beatles-Stones suonando l’organo in Can’t You Hear Me Knocking, Ry Cooder fa una comparsata alla slide in Sister Morphine. In Sway e Moonlight Mile si ascoltano degli archi arrangiati da Paul Buckmaster, molto richiesto in quel periodo grazie anche al lavoro con Miles Davis ed Elton John.

rollingstones-stickyfingersLa celebre copertina, ideata da Andy Warhol e realizzata dal suo assistente Craig Braun. Di chi sarà il “pacco” messo in bella vista, con il primo piano di jeans e cerniera (originale, nella prima edizione)? Il primo sospettato è Joe Dallesandro, uno dei soggetti preferiti da Warhol; il diretto interessato ha però sempre smentito. E dunque? La testimonianza più utile viene da Braun. “C’erano due gemelli del Sud, molto belli, Jed e Jay Johnson. Penso che sia Jed Johnson sulla copertina. C’era anche la voce che potesse essere Corey Tippin, un altro che bazzicava il giro. Glenn O’Brien, il primo direttore di Interview, sostiene che fosse lui. Francamente non so, la verità è che volevamo dare l’impressione che fosse l’uccello di Mick.”

➜ In Spagna la copertina con lo zip viene vietata e il grafico John Pasche deve inventarne un’altra, puntando sul macabro: dita sanguinolente che escono da un barattolo di metallo aperto con l’apriscatole. Anche la scaletta è diversa: vietata Sister Morphine, sostituita con una cover di Let It Rock di Chuck Berry.

➜ John Pasche è responsabile anche del celebre logo con le labbrone, uno dei più iconici di tutta la storia rock, che debutta con il singolo di Brown Sugar e poi l’album Sticky Fingers. Ideato da Ernie Cefalu, viene realizzato da Pasche, che fino al 1974 lavorerà per gli Stones declinando in vari modi quell’idea.

➜ “Sticky Fingers abbonda di tali e tanti espliciti riferimenti alla droga che se qualcuno leccasse l’etichetta o sniffasse la copertina avrebbe probabilmente uno sballo per il resto della settimana.” (Roy Carr, The Rolling Stones – An Illustrated Record)

Ed ecco, per concludere, la tracklist di Sticky Fingers:

1) Brown sugar
2) Sway
3) Wild horses
4) Can’t you hear me knocking
5) You gotta move
6) Bitch
7) I got the blues
8) Sister morphine
9) Dead flowers
10) Moonlingt mile

È uno dei critici musicali più stimati in assoluto. Nel 1969, a soli 17 anni, fondò Freak, una fanzine dedicata alla musica underground. Da allora non ha più smesso di scrivere, collaborando con tutte le più importanti riviste specializzate, conducendo programmi radiofonici e scrivendo decine di libri. Dal ’96 al ’98 è stato direttore artistico del Salone della Musica di Torino, e da diversi anni tiene un corso di Teoria e tecnica dell’editoria musicale nel contesto del Master universitario di 1º livello in Comunicazione musicale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica di Milano. Dal 1995 è responsabile dell'area musicale di Giunti Editore, per cui ha curato quasi duecento libri dopo una analoga esperienza in Arcana.

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