Dismaland e il tetro futuro dei musei

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È ancora fresca la polemica sulla nomina di sette direttori stranieri alla guida di alcuni dei più prestigiosi musei italiani – Uffizi e Brera tanto per citarne un paio – tanto che, critici come ad esempio Philippe Daverio o Jean Clair, dichiarano che il sistema museale (non solo italiano) è ormai asservito a logiche mercantili, diventando luna park dell’arte che, spesso, è gestito per alcuni eventi da privati che trasformano le esposizioni in semplici speculazioni, tra l’altro di scarsissimo valore culturale.
Secondo Clair – ex direttore del Centre Pompidou – “…i musei si stanno trasformando in fondi bancari, in macchine finanziarie, hedge fund specializzati in speculazioni”, nei quali l’entrata in campo dei manager non è altro che la rovina dei musei stessi, e “le opere d’arte sono ormai ridotte a merce senza qualità, senza identità”.
Pure Vittorio Sgarbi, che solitamente ama provocare, ma poi organizza mostre di un certo pregio, specialmente nelle Marche, si trova una volta tanto d’accordo con Philippe Daverio – critico d’arte nonché ideatore della trasmissione PassepArtout – nel non riconoscere criteri di trasparenza e serietà nelle nomine del ministro Franceschini.
LocandinaArriva quindi come un fulmine a ciel sereno l’ultima trovata dell’artista inglese Banksy, che ha appena aperto sulla costa inglese, negli spazi ormai dismessi in cui sorgeva il Tropicana – stabilimento balneare inaugurato negli anni trenta – il suo Dismaland, una Disneyland da mondo parallelo o distopico in cui il tipico castello delle fiabe è triste, sporco e abbandonato, le orche saltano fuori dai gabinetti, la vasca con le barchette è stracolma di migranti in bianco e nero e Cenerentola giace senza vita accanto alla carrozza rovesciata. Impossibile non pensare in questo caso a Lady Diana e l’assalto dei paparazzi.
L’esposizione delle installazioni ospitate all’interno del parco – dieci dello stesso Banksy – sono opera di oltre cinquanta artisti, – tra cui Damien Hirst – provenienti da 17 paesi e sarà temporanea. Salvo ripensamenti, chiuderà insindacabilmente il 27 settembre.
Ma ciò che risulta particolarmente interessante e pare essere stato pensato proprio in funzione della nostra polemica, sono le dichiarazioni dello stesso Banksy sui musei e il loro futuro. L’artista infatti, in un’intervista al Guardian, sembra attaccare la concezione stessa di museo, definendolo il “Posto sbagliato per vedere l’arte” definendo il suo Dismaland “uno spazio anarchico, un luogo della controcultura privo di regole”.
Sarà quindi vero ciò che asserisce Jean Clair e cioè che la strada intrapresa dal ministro Franceschini in Italia – ma che già quasi tutti i più importanti musei mondiali hanno scelto da tempo – non potrà che portare a una decadenza senza ritorno?
D’altronde ricordiamoci che in inglese dismal significa tetro.

Diplomato al Liceo Artistico di Milano nel 1980, avrei sempre voluto fare l’artista. Ma, visto che si deve anche mangiare, mi sono inventato grafico editoriale e pioniere dei primi sistemi di impaginazione Apple, scoprendo un nuovo amore. Mi è andata bene, ho collaborato con le maggiori case editrici italiane e ora sono un art director sul libero mercato. Però il primo amore non si scorda mai, così sogno ancora di diventare un artista...

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