Venezia 2015. Francofonia. Il Louvre è un destino?

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Una nave cargo che porta preziosi container zeppi di capolavori d’arte  in un mare in tempesta spietato e terribile come la Storia. La metafora di Francofonia  è fulminante e Sokurov finge che sia un contatto Skype che viene a mancare più vai al largo verso il disastro. Una scheggia nel film che rende bene  la libertà artistica di questo autore e il senso del tutto. Francofonia parla del Louvre dopo l’invasione nazista della Francia, quando a Parigi, nel 1940 Hitler e il suo stato maggiore guardavano compiaciuti la Tour Eiffel e il Louvre, e il fuhrer, che pensa alle architetture del Reich futuro,  mormora (falso, ma buffo e terribile), “come sta bene e com’è bello che l’abbiano messo lì”. Il Louvre tra il curatore francese e il conte tedesco che da vincitore lo prende in carico. L’arte e la guerra, i governi e gli uomini, antiche cavallerie e nuove resistenze, mentre i fantasmi di Marianna (la Francia) e Napoleone si aggirano tra le sale e i capolavori (raccolti in secoli di ricerche e di guerre, bottini di guerra) e dicono cose come “ Liberté, Egalité, Fraternité” e  “Sono io, tutto questo non ci sarebbe senza di me”. Sembra che Sokurov stia parlando della casa dei re di Francia e del museo, ma in realtà parla della storia d’Europa, con un bel mix di documentari rari e recuperati mescolati ad attori che con grandissima ironia si infiltrano nella Storia. Ormai a Sokurov i grandi nomi della Storia non bastano più. Dirige la Storia stessa.

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