La Carmen a Reggio non è “Per niente stanca”

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Sei anni sono lunghi e tanti ne sono passati tra Elettra e L’abitudine di tornare, il nuovo disco di Carmen Consoli. La “cantantessa” siciliana nel frattempo è diventata mamma ma non ha affatto smesso i panni della rockeuse di razza. La data di Reggio Emilia, una delle ultime del tour del nuovo album, è stata esemplare in tal senso: la Carmen al centro con la sua chitarra rosa striata di nero e ai suoi fianchi Fiamma Cardani alla batteria e Luciana Luccini al basso. Un power trio tutto al femminile che farà faville, a partire dall’iniziale Geisha condita da schitarrate e urla belluine da parte della catanese di nero vestita, con tanto di colletto bianco e tacchi a spillo.
Mio zio è l’unica concessione al recente passato di Elettra (2009) prima di tornare al rock di Sentivo l’odore, tratto dal suo disco più aggressivo Mediamente isterica (1998). Poi è la volta di aprire un’ampia finestra sul nuovo album, a partire dalla title-track L’abitudine di tornare. In scaletta sfilano una canzone sul femminicidio come La signora del quinto piano, che a sua volta cita Matilde odiava i gatti, che si conclude in un tripudio di chitarre distorte e luci viola, gialle e bianche. La malinconica Ottobre è una bella ballata che prelude a un tris ad alta gradazione adrenalinica: la Carmen tira fuori dal celeberrimo Confusa e felice (1997) Per niente stanca, Fino all’ultimo e Bonsai #2, dimostrando che il dio del rock continua a scorrerle nelle vene.
Si torna al presente di Sintonia imperfetta, uno dei brani migliori dell’ultimo disco, e della toccante Esercito silente, dedicata all’omertà che da sempre attanaglia Palermo. Ma l’urgenza rock di AAA cercasi, l’angosciante Fiori d’arancio e le due hit Contessa miseria e Venere alzano l’asticella del live-set e rendono ancora più incandescente l’atmosfera.
Dopo aver presentato le sue ottime musiciste, capaci di garantire una rocciosa sezione ritmica, Carmen esce di scena e poi rientra armata di sola chitarra per un set acustico che comprende la più recente Oceani deserti prima delle osannate Parole di burro e Confusa e felice.
“Voglio la discoteca, datemi un cubo, un cubo dell’Unità” esclama Carmen con un’ironia che nel corso di quasi vent’anni di carriera non ha mai perso. Il pubblico reggiano è in visibilio e arriva il momento di Amore di plastica, il suo primo grande successo datato 1996, e la splendida Blunotte, per chi scrive la vetta assoluta del suo repertorio. Potrebbe bastare anche così, ma a questo punto Carmen chiama Fiamma e Luciana per chiudere come aveva iniziato, a suon di rock, sulle note di In bianco e nero e della travolgente Besame Giuda, chiusa con l’omaggio alla Besame Mucho di Consuelo Velazquez. Applausi a scena aperta per un concerto davvero elettrizzante: una Carmen bella, solare e più rockettara che mai, che nel finale regala alcune pose da diva, abbracciata alle sue sodali, ai flash dei numerosi fan accalcati sotto il palco.

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