Bella e perduta. La reggia? L’Italia? La narrazione?

Pulcinella torna dall'aldilà per guidarci ai guasti dell'aldiqua

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Bella e perduta 
di Pietro Marcello

Allora, l’autore ci avverte per iscritto che Pulcinella invocato dal mondo dei morti (è un tramite tra qui e l’aldilà) accompagna in un viaggio per l’Italia bella e perduta il giovane bufalo Sarchiapone (che a Pulcinella, perché ha la maschera, e a noi perché siamo spettatori, ogni tanto parla con la voce di Elio Germano) salvato da macellazione sicura dal pastore Cestrone, l’uomo che si prese a cuore la reggia di Carditello abbandonata dallo Stato e depredata dalla camorra in piena Terra dei fuochi. Il pastore è morto durante la lavorazione e il film è cambiato. E in effetti dopo un inizio interessante coi Pulcinella chiamati da un aldilà che sembra la burocrazia dell’aldiqua, e immagini della reggia ridotta a degrado assoluto (lei, nella lettera del pastore a Pulcinella, è definita “bella e perduta”), vediamo il bufalo e Pulcinella vagare a volte con voce fuori campo, a volte con soggettive bufaline (intriganti, quelle sì) in una campagna dai contorni poco definiti. Un paio di volte passano documenti che ricordano la tristezza dei telegiornali tra rivolte e parate governative. Però, questa mescolanza sperimentale di fantastico e misterico e di realismo  (difficile dire in che momento siamo in fiction e quale in docu) a volte esaspera: certe immagini del cinema di Marcello (Il passaggio della linea, La bocca del lupo) vanno prese come quadri o evocazioni: altre, senza la spiegazione scritta, sforano nell’incomprensibilità e talvolta nel tedio, che seppur nobile, sempre tedio è… Niente voto. Non è un prodotto da consumare, ma da studiare

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