Il “Mondo politico” di De Gregori, l’arte della traduzione

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Cantando Bob Dylan a modo suo, Francesco De Gregori ha tirato fuori un album destinato a diventare una pietra miliare. Un album arrivato dopo la festa di compleanno veronese di Rimmel e che guarda verso una nuova direzione. Amore e furto non te lo aspettavi così bello. Invece il Principe si esalta, fondendo l’ammirazione verso il menestrello di Duluth con la capacità di render nuovi pezzi (molti sconosciuti) del passato. Ci mette del suo, ma allo stesso tempo si mantiene rispettoso del lavoro globale di Dylan. E ci insegna come anche un disco di cover possa essere arte allo stato puro. In questi giorni va in rotazione radiofonica un nuovo singolo, Mondo politico.

OH MERCY – Dylan pubblica Political World nel 1989, in uno dei suoi album più riusciti e probabilmente tra i più sottovalutati. In Oh Mercy manca il vero capolavoro, ma nel complesso His Bobness pubblica dieci pezzi di livello altissimo. Scrive involontariamente un testo senza tempo. Perché più di vent’anni dopo le parole tradotte dal cantautore romano suonano attualissime, in questo mondo politico rimasto praticamente inalterato. Tant’è che il videoclip nel finale recupera tutte le scene della parte iniziale, quasi come a voler dimostrare quanto questi concetti siano ricorrenti nella storia. Tra uomini che si assassinano tra loro, pietà scaraventate a mare e la paura del domani, De Gregori traduce la soppressione del coraggio in questo mondo politico che tanto assomiglia a un vicolo cieco. Analizzati da mattina a sera, sopraffatti dalla paura e alla ricerca della via più comoda: è il disegno quantomai veritiero di un sistema che “non ha responsabili, ma tocca crederci e ci crediamo”.

Mondo politico è la traduzione di un grido umano tanto forte, quanto inascoltato. Della cancellazione totale del coraggio. Di “uomini che gridano, ma cui non risponde nessuno“.

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