Un piccolo biplano spernacchia alle soglie dell’alba, virando su contorni di colline e su ampie mareggiate di verde.

Il sole si leva con rosata lentezza, mentre a terra un universo multiforme prende vita.

Fauni e fate di luce e apparizioni fugaci si agitano in un divenire sconnesso.

È un firmamento indicibile, e per dirlo infatti non è necessario usare un senso logico, né tantomeno essere credibili.

È sufficiente saper vedere con sguardo capovolto.

Dal biplano si osserva a volo spiegato un fiorire di immagini disarticolate, oniriche, erotiche.

Una donna bianca, nuda e appoggiata a una parete bruna, mostra alla macchina fotografica il bellissimo deretano, quasi volesse celare un sentimento, o forse nella posa teatrale di negarsi offrendosi nello stesso tempo.

Ma io penso al viso adolescenziale di un ragazzo già venato di straluni, da cui trapela quel marasma di suoni e di visioni, e alla sua disperata volontà di concentrarlo in canzoni in apparenza senza capo né coda.

Esseri a testa in giù, personaggi antropomorfi, come nel romanzo per bambini “The Wind in the Willos” di Kenneth Grahame, o esistenze capovolte, come nel rovesciato cosmo dipinto in “Alice’s Adventures in Wonderland” di Lewis Carroll, lui pure deliziosamente matto, innamorato segretamente di ciò che appartiene al mondo interiore, cose proibite incluse.

Cogliere l’invisibile è appunto la scienza dei folli illuminati di dentro, in quel dentro in grado di fare della realtà un’invenzione continua, e giusto in questo assai più veritieri di chi la realtà immagina e crede sia misurabile e classificabile.

Quell’adolescente storto, dai capelli arruffati e l’aria pazza, col viso dolcissimo e insieme attraversato dall’angoscia che gli avrebbe precluso ogni via alla vita reale, era Syd.

Roger Keith Barrett, in arte Syd Barrett.

Anima acuta del primo fondamentale vagito dei Pink Floyd, e suo fondatore, che credeva a un mondo esistente solo dove non si può andare a verificarlo.

Dopo la prematura sparizione dalle scene di Syd per insanità mentale, i suoi originali compagni non sarebbero stati più, mai più, per quanto si voglia dire, il combo d’arte che ha consegnato alla storia della musica “The Piper at the Gates of Dawn”.

In un disco, in una effervescente spolverata di brani specialmente onirici e mattinieri, densi di foschia e di stille di rugiada, di universo pensato e di naufragi interiori quanto stellari, si condensa forse il meglio di ciò che in seguito si sarebbe cercato di spremere dalle suggestioni psichedeliche.

Il macrocosmo sondabile solo con lo stupore della stupefacenza, o se volete, il caleidoscopico universo del nostro io.

Comunque lo vogliate chiamare o anche solo rievocare in voi, è comunque quel tormentato universo, sempre in fase di big bang, in eterno orgasmo fluorescente, mai riassumibile al vero, mai descrivibile.

Se non dall’invenzione pura.

Così deliziosamente, disperatamente prossima alla follia.

gianCarlo onoratoMusicista, scrittore e pittore fuori dagli schemi, ex leader di Underground Life. Ha pubblicato i dischi: Il velluto interiore (1996), io sono l’angelo (1998), falene (2004), sangue bianco (2010, Premio Giacosa), ExLive (2014) con Cristiano Godano, quantum (2017), “quantum Edizione Extra” (2018), ha curato la co-direzione artistica del Tributo a Luigi Tenco come fiori in mare Vol. I (2001) e Vol. II, in “Sulle labbra di un altro” (2011), ed i libri: Filosofia dell’Aria (1988), L’Officina dei Gemiti (1992), L'ubbidiente giovinezza (1999), Il più dolce delitto (2007), “ex-semi di musica vivifica” (2013), La formazione dello scrittore” (2015). Ideatore del Seminario del Verbo Musicato, ha centinaia di concerti alle spalle e un disco, un tour e un nuovo romanzo nel prossimo futuro. giancarloonorato.it

2 COMMENTI

  1. Bellissimo articolo, gianCarlo, grazie! Lungi dalle idee della critica Rock, lungi dall’epidermica razionale scioltezza della lingua per asservire il potere della parola, vai al cuore di Syd e di chi sa, come anche Nick Drake, cantare la follia del cuore.

    • ti ringrazio, maurizio. come potrai notare, se ne avrai voglia e tempo, il mio rapporto con le cose di pensiero e di arte, sono solo rivolte all’immersione. da anni le suggestioni create da Barrett mi accompagnano, e nel tempo hanno formato una dorsale aeriforme che attraversa la musica. grazie per averlo compreso. un abbraccio. gianCarlo

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