Suffragette. Com’è nato

Un secondo parere sull'affresco di Sarah Gavron

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Suffragette
di Sarah Gavron
con Carey Mulligan, Helena Bonham Carter, Brendan Gleeson, Anne-Marie Duff, Ben Whishaw.
Voto 7

La regista Sarah Gravon, pur nata in una famiglia molto evoluta culturalmente e politicamente (suo padre, pari del regno, era un editore miliardario e sua madre deteneva uno scranno nella London Assembly) non sentì parlare di suffragette fino all’età di 35 anni. E più tardi si rese conto che neppure una strada di Londra era mai stata intitolata ad una di queste donne. Consapevole quindi del fatto che da nessuna parte veniva raccontato in modo adeguato chi mai fossero costoro, qualche anno fa decide di fare un film che racconti di che lacrime grondi e di che sangue quel movimento che, pur contando fra le sue fila nobili e borghesi illuminate, era formato principalmente da un esercito di operaie, sfruttate sessualmente ed economicamente, ma pronte a rischiare la propria vita pur di cambiare la situazione per le generazioni future. Pare che, a domanda, nessuna delle studentesse da lei interrogate sapesse citare un solo nome, salvo ricordarsi della mamma un po’ svampita, vestita di giallo e azzurro, nel film Mary Poppins! Aiutata dalla sceneggiatrice Abi Morgan (penna dietro al ritratto di Mrs.Thatcher in The Iron Lady) ci racconta così la vita di Maud, giovane operaia in una lavanderia industriale nella Londra del 1912, sposa e madre obbediente che un giorno, stanca dei soprusi dei maschi padroni, si sveglia e incomincia a ribellarsi. Si unisce alle donne che combattono al fianco di Emmeline Pankhurst, fondatrice carismatica (e ricca) della Women’s Social and Political Union e, tra pietre lanciate contro le vetrine, boicottaggi alle linee telefoniche, scioperi della fame, pestaggi coi poliziotti, si ritrova spesso in galera, viene ripudiata dal consorte, privata del figlio e lasciata disperatamente sola. Ma al suo fianco ci sono le compagne pronte a immolarsi per la causa, come Emily Davison sotto il cavallo di re Giorgio V.
Il film, pur fatto da donne per le donne, non travolge. Ha buoni interpreti: un’intensa Carey Mulligan nella parte di Maud e un’infiammata Maryl Streep nel cameo di Emmeline Pankhurst. Forse la cosa più interessante è il lavoro sui colori. La scenografa Alice Normington spiega: “Per gli universi femminili abbiamo adottato una scala cromatica di viola e verde pastello…Sarah ed io siamo giunte alla conclusione che sono i colori dei lividi, e stiamo parlando di donne maltrattate e ferite. Dunque una tavolozza di colori lividi è diventata il nostro tema”. E per lo spettatore la cosa si avverte a livello epidermico, anche se non viene razionalizzata. Le nostre eroine sono immerse in un universo cromatico che rispecchia i loro corpi. E forse ancor di più le loro anime.

 

Ps. In Inghilterra il voto alle donne verrà concesso nel 1918, in Italia nel 1946 e, per amore di cronaca, in Paesi come l’Arabia Saudita soltanto a partire dal 2015.

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