Iggy Pop e la Cura per la Depressione Post Pop

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In una dieta equilibrata per il buon rocker nato nei gloriosi sixties e cresciuto tra settanta ottanta e novanta, una recente richiesta indica nella necessità di vedere l’Iguana live almeno cinque volte un requisito minimo per un organismo rock privo di orpelli e finzioni.

Matt-Cardy-Getty-Images

Io, grazie ai buoni uffici di un appassionato di musica e seguace dell’Iguana nella persona di mio fratello Riccardo, ho visto Iggy una decina di volte almeno e ne è sempre valsa la pena.

Una volta, dopo uno show a Napoli, l’ho anche avvistato in aeroporto.

Il disco di oggi è targato 2016 e vede Iggy collaborare con uno dei padrini della fighettaggine indie o come volete chiamarla, Josh Homme.

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Leader degli adorati e copiatissimi Queens of The Stone Age, al centro del side project degli Eagles of Death Metal che senza di lui suonavano al Bataclan di Parigi quando dei criminali scatenarono l’assalto alla libertà di Parigi del 13 novembre 2015, Josh riceve un messaggio da Iggy nel quale l’Iguana gli chiede di collaborare alla scrittura di qualche brano. Intanto indaghiamo cosa puo’ significare ricevere un sms da Iggy, una domanda sorge come si suol dire spontanea: come si firma mr. Osterberger Jr.? Iggy Pop?

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Al di la’ di quello, dopo una telefonata, i due si incontrano e a Joshua Tree registrano, coll’aiuto di Dean Fertita e del drummer degli Arctic Monkeys Matt Helders un disco che riporta Iggy a patti con il suo declamare versi rock sopra basi pertinenti e, strano a dirsi, godibili.

C’è una bella scrittura ritmica, basata su groovosi disegni di batteria e bei giri di basso come sempre ha creato Iggy, ci sono ballad lascive e viziose. Belle chitarre.

La qualità di Iggy non è in discussione, ha dato al mondo della musica un partrimonio e infatti il disco indaga a lungo e profondamente sulla legacy che ogni persona che opera in ambito artistico e comunicativo lascia dietro di sè. Iggy non ha di che preoccuparsi. Il suo lascito è dentro la sua splendida vocalità, nel suo essere una specie di strano e sghembo supereroe saltellante a torso nudo che canta e manda a quel paese i deboli di cuore grigioscuri della convenienza.

Con l’aiuto di David Bowie Iggy ha sfornato dischi memorabili ma il suo assalto alla comodità della vita americana era inziato molto prima dagli Stooges anarchici e gonfi di feedback ma anche prepotentemente e violentemente rock and roll.

E’ un disco bellissimo questo.

Orgogliosamente autoprodotto e finanziato da Iggy con Josh Homme, un disco che segnala l’esistenza di una essenza unica dentro al cuore di Iggy, quella della libertà, è un disco che non sarebbe mai potuto uscire in Italia.

Soprattutto per la copertina, ove Iggy appare in mezzo ai musicisti che l’hanno suonato, in un tributo all’importanza dei musicisti che l’Italia ancora deve recepire.I have  nothing but my name recita con voce meravigliosamente teatrale Iggy.

Io credo che abbia molto di più.

Questo tipo di pazzia creativa è appannaggio dei più grandi e Iggy è uno dei più grandi, chiaro che si ascolta questo disco riflettendo sulla scomparsa ancora bruciante di David Bowie, sulla difficile eredità che questi ci lasciano pero’ è molto bello vedere personaggi come questi collaborare con elementi nuovi e pertinenti del fare musica con un senso.

Come al solito, un’altra lezione dall’estero. Noi saremo bravi a far da mangiare o a fare macchine da formula uno ma con l’aspetto di purezza e sogno legato alla musica, proprio non ci siamo.

In the meantime, il pudico Iggy ha trovato il modo di posare per 21 differenti artisti i cui dipinti verranno esposti nell’autunno del 2016 per una mostra chiamata Iggy Pop Life Class, ideata da Jeremy Deller.

Ecco uno scatto che evidenzia la notevole ritrosia a farsi vedere come natura l’ha creato.

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Non è un disco lungo ma è un pregio, ricorda alcuni dei dischi degli eighties di Iggy, quando non sfornava capolavori ma ottimi dischi che rappresentavano una base di partenza per leggendari shows live e il sapere che Iggy supporterà generosamente live questo disco ci informa sulla cura per la post pop depression di un grande rocker di razza purissima.

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Go Iggy go!

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