Thailandia. Tuk tuk, templi, sesso e smartphone

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A Bangkok il traffico è caotico. Nelle ore di punta diventa infernale, e non è un aggettivo esagerato. Le nuove linee del metro e dello skytrain hanno parzialmente migliorato la mobilità, ma solo in alcune zone. Uno dei modi più veloci per spostarsi rimane il Chao Phraya Express, ovvero il battello che solca le acque del fiume che attraversa la città da nord a sud. Tra l’altro è anche un bel modo per vedere Bangkok da una diversa angolazione.

Ma se uno va in qualche posto che non è servito da uno di questi mezzi? I casi sono due: o ci si rassegna, oppure si usa un tuk tuk, che dribbla il traffico infilandosi in ogni pertugio. Ormai è diventato un simbolo della città. Lo hanno utilizzato per diverse pubblicità, a Bollywood gli hanno dedicato film, è stato riprodotto sulle T-shirt ed è addirittura protagonista di videogames.

È una specie di rielaborazione dell’Ape Piaggio. Volendo ripercorrerne la storia bisogna risalire all’inizio del ‘900, quando i risciò furono sostituiti dai samlor (una sorta di triciclo). Dopo la seconda guerra mondiale, con l’aggiunta di un economico motore giapponese a due tempi, cambiò il suo nome in tuk tuk: qualcuno sostiene che derivi dallo scoppiettio del motore. Di solito lasciano scie di fumo bluastro ogni volta che accelerano, anche se gli esperti sostengono che usando gas propano liquido in realtà inquinano meno dei veicoli a diesel o benzina.

Non c’è turista che non lo usi. Però attenti alle fregature. Bisogna mettersi d’accordo sul prezzo prima di salire, sapendo che quello che vi propongono è triplicato se non addirittura quadruplicato. E comunque diffidate di chi propone un prezzo troppo basso (per esempio 20 bath), promettendovi di fare un bel giro turistico: in realtà vi farà fare il giro dei costosissimi negozi che lo “sponsorizzano”, e che lo ripagano con una percentuale sulla merce acquistata o, nel caso in cui non si compri niente, in buoni benzina.

Di norma i guidatori di tuk tuk sono giovani e fanno questo mestiere per non più di 6 mesi/un anno: superare questa soglia vorrebbe dire mettere in pericolo la propria salute, a causa dell’alta concentrazione di polveri sottili che avvelenano l’aria. Salendoci ve ne renderete conto: sia l’autista, sia i passeggeri sono ad altezza delle marmitte di auto e furgoncini, e si cuccano tutti i gas di scarico. Ecco perché molti conducenti usano mascherine contro lo smog. Inoltre se fate una corsa che duri più di pochi minuti, quello scoppiettio incessante vi penetrerà il cervello. Comunque è un’esperienza da fare. Salendo su uno di questi coloratissimi trabiccoli avrete la sensazione di conoscere un po’ meglio la città che vi ospita.IMG_0773.JPG

Ma com’è Bangkok oggi? Quando sono arrivato pensavo di aver sbagliato città. Aeroporto tirato a lucido e iperfunzionale. Si arriva in centro in un battibaleno grazie al nuovo ed efficientissimo Airport Rail Link. E –miracolo!– traffico quasi inesistente. Poi mi sono reso conto che era domenica, per di più le prime ore del mattino. Infatti già nel pomeriggio la confusione è aumentata, e verso sera sono comparse un po’ ovunque le solite bancarelle che vendono ogni tipo di cibo. Il giorno dopo tutto è tornato nella norma: traffico caotico, aria irrespirabile, un rumore assordante.

Hanno tirato su un sacco di grattacieli e ne stanno costruendo altri. Però i marciapiedi sono sempre malridotti e le impalcature per i restauri dei templi continuano ad essere di bamboo. In giro vedi pubblicità salutiste, ma l’aria che si respira è pestifera. I fast food ormai sono diffusissimi, ma la maggior parte della gente continua ad acquistare cibo preparato per strada. Sono rimasto sorpreso dal vedere tanti hotel, bar e ristoranti davvero cool, arredati con oggetti di design e con computer di ultima generazione (soprattutto Mac) a disposizione dei clienti. In giro si vedono anche parecchi smartphone (in questo caso a prevalere sono i Samsung). Fino a qualche anno fa per gli esercizi commerciali una citazione della Lonely Planet era motivo d’orgoglio, oltre che un’ottima pubblicità. Oggi invece si vantano di essere “rated” da Trip Advisorhero-about

Ma a ben guardare il carattere della “città degli angeli” non è cambiato molto. Basta voltare l’angolo e spostarsi poche decine di metri, ed ecco che mi ritrovo immerso in quella città che è stampata nella mia memoria: un gran casino ovunque, colori accesi, le urla della gente, odori acri. Bangkok è un immenso mercato. È il trionfo del falso, dalle polo e jeans ipoteticamente “griffati” dagli stilisti più importanti, ai Dvd con film appena usciti sugli schermi. Il problema è che bisogna capire se una volta tornati a casa riuscite a vederli.

In alcune scuole usano i tablet, ma ci sono sempre tanti, troppi ragazzi che per campare (e far campare la propria famiglia) si prostituiscono. A Bangkok la prostituzione dilaga, e in alcuni quartieri è una sorta di attrazione turistica: la notorietà di Patpong è planetaria. A partire dal tardo pomeriggio c’è anche un affollato mercato dove vendono tutti i falsi di cui sopra, quindi solo una parte dei turisti ci va per i go-go bar o per i locali dove fanno il cosiddetto “ping pong show”.

Un concorso riservato ai cosiddetti "ladyboy"
Un concorso riservato ai cosiddetti “ladyboy”

Non fate gli ingenui, che lo sapete di cosa sto parlando: è una specie di borsa di Mary Poppins da cui viene fuori di tutto. Signorine molto discinte con la vagina sparano palline da ping pong, sbucciano banane, gonfiano palloncini, fumano, estraggono aghi, le più abili stappano persino bottiglie di birra. Ma diciamola tutta: sono degli spettacoli davvero squallidi e per niente erotici. Se decidete di trascorrere una serata a Patpong, mettete in conto di essere importunati con una certa insistenza da buttadentro che vogliono vendervi un “ping pong show”, un “bagno con massaggio” oppure farvi entrare in un go-go bar. Se volete passare una serata un po’ pazza, non necessariamente per fare sesso, magari soltanto per fare un po’ gli scemi, meglio se ve ne andate a Nana Plaza, un distretto a luci rosse in un edificio a 3 piani sulla Sukhumvit Roas Soi 4, a pochi passi dalla stazione Nana dello Skytrain: il menù grosso modo è lo stesso di Patpong, ma se non altro vi stressano di meno e la birra è più economica.

Di solito da Bangkok ci si sposta verso sud. Phuket o Phi Phi Island sulla costa ovest. Ko Samui o Ko Pha-Ngan su quella est. Se avete voglia di mare, personalmente vi consiglio Ko Samet, che pur essendo vicina alla capitale ha conservato una certa autenticità.

Io invece sono andato a Chiang mai, profondo nord. È una città affascinante, lontana anni luce dallo stress di Bangkok. Qui è stata scritta una parte importante della storia del Siam, infatti ci sono circa 300 templi. Chiang Mai è un mix di tradizione e modernità. Esistono ancora i risciò, in molte palestre insegnano la boxe thailandese. In giro si vedono tanti monaci buddisti: indossano il classico kesa color zafferano e si spostano a bordo dei sorng-taa-ou (in pratica sono dei tuk tuk più grossi, usati come taxi collettivi), ma vederli inviare Sms con i loro smartphone fa un certo effetto. hero-attraction

Se si resta a Chiang Mai più di un paio di giorni, è consigliata un’escursione nelle zone limitrofe. Sono posti molto belli da visitare, ma l’aspetto più interessante è il contatto diretto con le cosiddette “tribù di montagna”: Hmong, Lisu, Akha, Mien, Lahu. Sono popolazioni semi-nomadi che si stanno gradualmente adattando alla civiltà moderna, però conservano riti, convinzioni spirituali, linguaggio e abbigliamento propri. Altra opzione, è arrivare fino a Chiang Rai, circa 150 chilometri più a nord, provincia confinante con la Birmania e il Laos: da lì partono i trekking per il famigerato Triangolo d’oro, una delle aree più importanti per la produzione dell’oppio. Ma state attenti a non fare gli scemi, perché se vi cuccano anche solo con pochi grammi di oppio o dei suoi derivati rischiate anni di galera. E da queste parti le carceri sono luoghi decisamente poco attraenti.

Selfie a Chiang Mai
Selfie a Chiang Mai
Massimo Poggini è un giornalista musicale di lungo corso: nella seconda metà degli anni ’70 scriveva su Ciao 2001. Poi, dopo aver collaborato con diversi quotidiani e periodici, ha lavorato per 28 anni a Max, intervistando tutti i più importanti musicisti italiani e numerose star internazionali. Ha scritto i best seller Vasco Rossi, una vita spericolata e Liga. La biografia; oltre a I nostri anni senza fiato (biografia ufficiale dei Pooh), Questa sera rock’n’roll (con Maurizio Solieri), Notti piene di stelle (con Fausto Leali) e Testa di basso (con Saturnino) e "Lorenzo. Il cielo sopra gli stadi", "Massimo Riva vive!", scritto con Claudia Riva, "70 volte Vasco", scritto con Marco Pagliettini, e "Lucio Dalla. Immagini e racconti di una vita profonda come il mare".

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