Banalità introduttiva: ogni esperienza ha sempre un momento in cui bisogna accettare il fatto che sia finita.
Sto tornando a casa, quella dove non ho bisogno ogni giorno di rifare lo zaino, dove posso fare la doccia senza indossare le ciabatte, dove la cena non è una pizza e una ichnusa consumate sui gradoni al tramonto, dove posso dormire senza usare il sacco lenzuolo e dove ci si sveglia dopo le 5.30.
Certo, sarebbe ipocrita dire “che palle”, sono stanco e quindi accetto più facilmente questo rientro. Mi sono potuto permettere di dimenticare le chiavi di casa, e non tutti hanno questa fortuna. Ho imparato che in una esperienza così non si possono fare cerchi con il compasso per dire all’altro qual è il suo limite, anzi, il compasso non lo tiri neanche fuori. Hai momenti in cui capisci che il tuo posto è il centro, e altri in cui i centri si avvicinano, collidono, si abbracciano. Momenti in cui sei padrone di te stesso, padrone del tuo tempo, e momenti in cui sfuggi da te stesso per affidare il tuo tempo a qualcuno.
Sono partito da solo e sembra passata un’eternità, sto tornando salutando tanti nuovi amici conosciuti sul cammino con il sorriso (e con un po’ di malinconia). Ho potuto sperimentare km da solo e km in compagnia. Non sono esperienze equiparabili tra loro, ho avuto momenti che ricorderò in tutte e due le situazioni, nel bene e nel male.
Una esperienza così rivela chi sei davvero a chi non conosci con una facilità estrema, le ragazze sono ancora più belle senza trucco, i ragazzi ogni tanto rinunciano alla loro virilità e magari piangono pure, ti dimentichi l’utilità dei semafori, impari a essere essenziale, a fregartene, ti lanci sotto le cascate, canti e parli da solo in mezzo al nulla, ascolti la vita degli altri e regali la tua sperando sia utile, capisci quanto ti saresti perso se non ci avessi provato e quanto ancora hai da imparare dagli altri e dal mondo.
E no, tutto questo non sparirà, di certo non lo lascerò sparire, ecco, lo dice anche la legge di Lavoisier applicata ai sentimenti: “la gioia come il dolore si deve conservare, si deve trasformare”. Bisogna continuare a camminare, a non sottovalutare i km che abbiamo da percorrere ogni giorno, le salite che ti tolgono il fiato e le discese che ti spaccano le ginocchia.
Grazie a tutti quelli che non mi hanno fatto sentire da solo lungo il mio cammino con i loro messaggi, alle vite straordinarie incontrate sulla strada, a chi mi ha accolto, a chi mi ha seguito in questa piccola follia e a chi ha avuto la pazienza di ascoltarmi.
Sto tornando a casa. E ora decidiamo un’altra destinazione.
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