Venezia 73. Animali notturni, da ring e d’amore

L'estetica di Tom Ford, il quasi Rocky, una sposa sfida Dio e Ozon rifà Lubitsch

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Nocturnal Animals

I Nocturnal Animals di Tom Ford (In Concorso) si prestano a equivoci (ricercati). Per cominciare Nocturnal Animals è il titolo di un libro. Che sembra raccontare di animali da preda notturni. Ma poi scopriamo che era l’autore del libro che veniva definito animale notturno. All’inizio però vediamo una signora che dirige una galleria d’arte contemporanea di ritorno da un vernissage. Da animale notturno. Trova un libro: l’ha scritto il primo marito. Forse ancora amato. Il libro racconta di un uomo che mentre viaggia di notte nel nulla delle autostrade del Texas con moglie e figlia viene intercettato da tre delinquenti che li stringono, li mandano fuori strada, li dividono e fanno sparire le donne. La lettura del libro è il film, ovvero la storia dell’uomo che non si perdona di non aver saputo difendere la moglie e la figlia. La donna che legge il libro (e le percezioni, i rimorsi del passato e le ansie del presente) è la cornice che contiene il film. Tenendo conto che Tom Ford fa anche lo stilista di montature per occhiali (che ogni tanto fanno capolino) cioè frames, cioè cornici, ci spingiamo a dire che Ford ha fatto un esperimento su una montatura/cornice che viene spiegata dal suo contenuto. Ovvero, l’illusione del libro/film serve a spiegare la realtà della cornice. E in effetti il film ogni tanto fa l’occhiolino ad altre forme d’arte.

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The Bleeder

The Bleeder di Philippe Falardeau, “colui che sanguina”, è la storia del sanguinolento di Bayonne, cioè Chuck Wepner, il pugile materasso (che finiva gli incontri pieno di sangue) che per i tortuosi calcoli del circus della boxe venne mandato a (scusate, gli fu offerta l’occasione di) farsi picchiare da Cassius Clay/Mohammed Ali, ma contro ogni previsione rimase in piedi tutti e 15 i round e ispirò il Rocky di Stallone. È la storia di un bonaccione sempre pronto a infilarsi nelle mutande delle ammiratrici (nonostante una moglie paziente e forte come quella di Rocky) e del tutto incapace di trasformare in veri soldi i suoi incontri con Stallone. In compenso era diventato prima una gloria locale che offriva da bere a tutti e poi uno spacciatore sciocco per bisogno. È una bella storia tradizionale tutta virata nei toni di certe tristi pellicole anni Settanta dai colori già sfioriti.

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Through the Wall

Through The Wall di Rama Burshtein (Orizzonti) è ancora un film di questa regista sulla condizione delle donne chassidiche, cioè le tradizionaliste ebree. La nostra eroina sembra uscire da una scommessa di Isaac Bahevish Singer: Michal è una 32enne che a detta di tutti rischia di restare zitella perché ha uno strano modo di valutare i potenziali sposi: lei ultra ortodossa invoca con molta onestà un uomo che la riconosca per quel che è, e a un certo punto sembra comicamente sfidare Dio: pur non avendo un fidanzato fissa la data delle nozze, affitta la sala e dirama gli inviti. Strada facendo le succedono cose che se non fossero buffe sarebbero bibliche, nel senso che bisognerebbe avere una grande, anzi, un’ immensa fede per crederci. O essere pazzi. Eppure i pezzi di questo puzzle di pazzi vanno a posto. Da vedere

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Frantz

Frantz (In Concorso) di François Ozon è un remake, alla Ozon, di Broken Lullaby di Ernst Lubitsch (L’uomo che ho ucciso). In un paese tedesco alla fine della Grande Guerra un francese viene a portare fiori sulla tomba di un soldato tedesco. In un sontuoso bianco e nero di ricostruzione degno del Nastro bianco di Aneke e delle foto di August Sander, il francese incanta sia i genitori che la fidanzata del soldato che tutti credevano conoscesse da prima della guerra, ma che in realtà lui ha ucciso in trincea. Le bugie pietose, le molte verità e il problema dell’amore (un problema: la fidanzata del morto si innamora del suo assassino) si ribaltano passando dalla Germania del dopo Versailles a Parigi. Qualcosa ti spinge a chiedere, pur nella sontuosità dell’affresco, un sommesso perché…

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