Luciano Ligabue e Stefano Accorsi al Fuoricinema di Milano

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Foto dal profilo ufficiale di Luciano Ligabue

A 18 anni da RadiofrecciaLuciano Ligabue e Stefano Accorsi si sono ritrovati questo pomeriggio per il Fuoricinema di Milano, in un incontro molto atteso moderato da Pasquale Elia. L’evento, che si è svolto ai piedi del Bosco Verticale e organizzato da Sky Cinema con la collaborazione di Radio Deejay, ha visto i due protagonisti raccontare ad un pubblico attento ed emozionato, che ha sopportato sole e caldo dalle prime ore del mattino, quello che è il loro rapporto con il cinema e soprattutto di Radiofreccia, il film del 1998 che Luciano ha girato nella sua Correggio e che ha dato una straordinaria visibilità al talento di Accorsi. Ad introdurre l’incontro, la simpatica attrice comica sicliana Teresa Mannino, la quale chiede subito a Luciano qual è il suo rapporto con Milano: “Una città che professionalmente mi ha dato  tantissimo. A Milano sono sempre successe le cose prima che altrove, il primo sold out nei club, poi nei palasport e poi il mio primo stadio” racconta Luciano. “Le mie prime volte. Insomma, non proprio tutte”. Il Liga, impegnatissimo con  le prove per gli attesi eventi di Monza ormai vicinissimi, racconta con rammarico l’aver perso il materiale registrato durante il backstage di Radiofreccia: “Avremmo voluto dare far vedere tutto il backstage possibile. Ma il furgone che conteneva tutti i nastri è stato rubato e poi bruciato. Lo dico con un po’ di sofferenza, sarebbe piaciuto anche a me avere un po’ di documentazione. Tanta è stata l’emozione e la concentrazione, che ricordo poco e male gli avvenimenti durante le riprese.”

Protagonista di questo amato film, il primo come regista di Luciano, è Stefano, il tormentato Freccia, che in realtà avrebbe dovuto avere un altro ruolo. L’attore bolognese fece ben due provini per ottenere la parte. Luciano racconta sorridente di come Stefano lo abbia convinto leggendo il famoso “Credo” di Freccia. “Dovevo fidarmi del mio orecchio” racconta Luciano “Gli feci leggere il credo e mi dissi Ok Freccia è lui.”. Prima della scena Freccia aveva avuto una discussione con un amico che lo accusava di non credere in nulla. Freccia parla pochissimo ma fa e si espone quando è solo, come per esempio alla radio. “In una prima intenzione accorsi doveva essere veramente nudo durante il discorso. Poi mi hanno convinto a lasciargli le mutande”, continua Luciano.

Anche Stefano ricorda con emozione quei momenti: “C’era la sensazione di aver fatto qualcosa di speciale. Quanto tempo bisognerà aspettare prima che ricapiti? Quello era il primo pensiero. Nonostante ciò non ho mai pensato ai premi possibili. La prima volta che l’ho visto sono rimasto spiazzato perché mi sembrava di non aver fatto niente, poi l’incontro col pubblico e i numerosi riconoscimenti hanno detto il contrario. L’ho rivisto 15 anni dopo e mi sono accorto che c’erano in realtà un sacco di cose di me. Luciano sul set è esigente, aveva una profonda necessità di raccontare questa storia. Dietro ogni sequenza c’erano tante domande, è stato un leader, ti senti guidato.” E a proposito di scene potremmo dire singolari, non si può non ricordare quella in cui Freccia si ritrova un ippopotamo nel giardino. Come può essere venuto in mente a Luciano di portare un ippopotamo sul set? “È la stessa cosa che mi ha chiesto Procacci per un mese”, afferma ridendo, “Freccia ha un secondo momento con l’eroina, volevo far vedere che era di fronte ad un  problema grande, e così abbiamo messo l’ippopotamo, verso il quale Freccia ha una reazione isterica ed esagerata”. Per quanto riguarda la colonna sonora, Luciano ha fatto una selezione attenta: “Ho dovuto fare una miscela tra quello a cui potevamo arrivare oppure no. Sulla scena del Credo doveva necessariamente esserci il riff di Rebel Rebel. Quella canzone ha sbilanciato di molto il budget del film perché i costi dei diritti erano altissimi. Però sono tutte canzoni che tracciano quello che sono state le radio libere in quegli anni.” Altro protagonista d’eccezione è Francesco Guccini, il barista che vede scorrere davanti a sé le storie di tutti i ragazzi del film: “Volevamo qualcuno con un’aria burbera per giocare con la sua natura” racconta Luciano ” Il barista doveva essere così. C’era una sorta di filastrocca quotidiana: Francesco si lamentava perché giravamo la mattina, ma fa parte della sua personalità. So che si è divertito.”

C’è anche il tempo per raccontare dell’esperienza di Da 0 a 10, seconda e per ora ultima pellicola di Luciano, che capitò un periodo particolarmente difficile della sua vita, la morte del padre a causa di una grave malattia: “Da 0 a 10 parte con più morte dentro, e voleva descrivere e riflettere sugli effetti che questa ha sulla singole persone.” La morte, che sconvolge le vite dei 5 protagonisti e descrive gli effetti devastanti di un evento come la strage della stazione di Bologna del 1980, in cui persero un loro amico. “Durante la post produzione poi è morto mio padre. Lo rivedo spesso nella scena in cui Libero si suicida all’autodromo. Sono abbastanza convinto che questo evento mi ha tenuto molto lontano dal volermi avventurare in altri film.”

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