Ezio Bosso strega La Fenice di Venezia

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«Questa sera l’abbiamo fatta grossa. Forse è la prima volta che accade: ho deciso di essere io a chiamare i musicisti che suoneranno con me, che suoneranno con voi, che compongono questo teatro. Quella che vi racconteremo è una storia che passa per forza da Venezia e che unisce due grandi compositori, Bach e Mendelssohn, e uno un po’ più “base”, che si chiama Ezio Bosso. Questo è un concerto per spiegare che la musica è una catena di vita, e infatti sarà un concerto in crescendo, in cui saremo sempre di più, com’è giusto che sia».
E’ con queste parole che Ezio Bosso saluta il suo pubblico, questa sera, nella splendida cornice del Teatro La Fenice di Venezia. Visibilmente emozionato, Bosso torna nelle vesti di direttore d’orchestra in quello che lui definisce «il più bel teatro del mondo», per l’occasione gremito in ogni ordine di posto.
«Tre concerti in uno», come detto dallo stesso Bosso: il Concerto Brandeburghese n.3 in Sol maggiore di Johann Sebastian Bach, il Concerto n.1 per violino, orchestra d’archi e timpani – Esoconcerto, dello stesso Bosso, e la Sinfonia n.4 in La maggiore di Felix Mendelssohn Bartholdy.
Ad aprire il concerto è l’opera di Bach: tre violini, Roberto Baraldi, Fulvio Furlanut e Alessandro Cappelletto; tre viole, Daniel Formentelli, Margherita Fanton e Leonardo Jelveh; tre violoncelli, Walter Vestidello, Ilir Bakiu e Enrico Ferri; il contrabbasso di Stefano Pratissoli; infine, lo stesso Bosso al clavicembalo. Concerto che si compone di tre movimenti e in cui a emergere è la complessità dell’opera, intesa come somma e sintesi delle singole individualità, ora esaltate nel loro insieme.
Segue, il Concerto n.1 per violino dello stesso Bosso, riscritto per l’occasione per violino, archi e (ora) timpani. Esoconcerto che, racconta il compositore torinese, «è volto a indagare il senso della vita». Anche in questo caso, tre movimenti, ora con la funzione di creare un ponte ideale tra Bach e Mendelssohn, i due compositori omaggiati questa sera da Bosso: «Mendelssohn diceva che la musica si fa insieme: è una catena meravigliosa di vita e non c’è nessuno che la possa interrompere. Bach ha iniziato e, mi perdonerà, siamo arrivati anche a Bosso, passando per Mendelssohn».
Per eseguire il Concerto di Bosso, viene chiamata sul palco l’intera Orchestra Filarmonica de La Fenice, per un totale di 53 elementi: 12 primi violini, 10 violini secondi, 8 viole, 6 violoncelli, 4 contrabbassi, 2 flauti, 2 oboi, 2 clarinetti, 2 fagotti, 2 corni, 2 trombe e i timpani di Claudio Cavallini. Con l’aggiunta del violinista Sergej Krylov. Al termine del concerto, un pubblico in visibilio che regalerà la prima, meritatissima standing ovation della serata.
Tanti suoni, ma anche tante parole per Ezio Bosso che, tra sorrisi e ringraziamenti, fa riferimento sempre e solo alla musica: «In questo momento in Italia c’è una legge che tende a dimenticare tutte le persone che lavorano nei teatri, ma spero che stasera possiate capire quanto sia importante difendere un teatro. La passione non può essere declassata: l’impegno non ha classe».
Termina il concerto, l’opera di Mendelssohn: la cosiddetta “italiana”, la cui ispirazione deriva infatti dall’atmosfera che il compositore tedesco respirò nelle città italiane, durante la sua tournée europea tra il 1829 e il 1830. Concerto composito, il cui quarto movimento, eseguito come bis, regala il gran finale al pubblico accorso alla Fenice. Arrivato per vedere un mago che, con la sua bacchetta e un sorriso contagioso, è riuscito per un paio d’ore a trasportarci in un meraviglioso universo di suoni.
Ezio Bosso, quindi, se ne va, esattamente com’era arrivato: con la sua gioia incontenibile, con il suo amore smisurato per la bellezza che ha appena regalato e di cui si ciba voracemente. E con la frase con cui aveva iniziato questo concerto: «La musica, come la vita, si può fare in un solo modo: insieme».

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