La mia vita da zucchina. Una scommessa

Da una situazione terribile un film d'animazione pieno di speranza.

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La mia vita da zucchina
di Claude Barras
Voto 7

Si possono raccontare ai bambini (cioè, si possono portare i bambini, non quelli piccolini, al cinema a vedere) storie di bambini maltrattati o abusati dai genitori che trovano amicizia e amore in luoghi tristi come le Case Famiglia? Sì. È difficile ma sì. “Zucchina” è figlio di un’alcolizzata manesca caduta dalle scale mentre tentava di dargli l’ennesima scarica di botte. Quindi si sente anche assassino, un po’, come può sentirsi assassino un bambino. Film disperato? No, anzi: film di animazione in stop-motion (un fotogramma alla volta) che usa la stilizzazione e l’ironia per gestire il dolore. I compagni di dolore di “Zucchina” nell’istituzione sono duri, distrutti o impauriti, sono un ostacolo e insieme un modo di crescere, scoprire amicizia, la tenerezza e persino l’amore, e una nuova famiglia. Buonismo? Bisogna cercalo col lanternino. Non è un film politicamente corretto, ma non è indelicato. Ha una sua fragilissima misura di rispetto che tiene a distanza di sicurezza dal melodramma televisivo peloso e dal documento politico spigoloso. Viene da Autobiografia di una zucchina di Gilles Paris.

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