Miseria e nobiltà. Fame e risate in scena al teatro San Ferdinando

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Miseria e nobiltà del palato. La fame atavica è al centro della versione che Arturo Cirillo ha presentato al pubblico del San Ferdinando nelle feste natalizie. La povertà della casa di Felice e Pasquale è reale, concreta. I discorsi tra Luisella e Concetta sono nervosi e alterati dalla fame. Cibo soltanto immaginato di poter essere toccato. I colori sono cupi. Tutto è giocato sui contrasti. La giovane Pupella non è un’esile ragazza. L’ex cuoco non è un grasso signore come di solito è nell’immaginario collettivo. Peppiniello non è un bambino ma più che un adolescente. Nota di colore è il ricco Luigino in abiti sgargianti e con la sua frase “bellezza mia” pronunciata con un tic nervoso. La recitazione di Felice e Pasquale è fisica, accompagnata da movimenti simile a passi di danza. Ponte di congiunzione tra il primo e il secondo tempo è una cucina al centro della scena. Una cucina sognata dai veri poveri e reale nella casa dell’ex cuoco Gaetano. Qui la ricchezza è recitazione per la famiglia ingaggiata dal marchesino Eugenio per chiedere la mano di Gemma, figlia del ricco ex cuoco. Una recitazione sempre alterata dalla fame che trasforma tutto. Le piante del giardino hanno sembianze di enormi babà, ananas, taralli tra cui passeggiare. Il linguaggio è rigorosamente in napoletano senza nessuna libertà d’interpretazioni.  Da citare Tonino Taiuti (Felice) e Arturo Cirillo (don Gaetano) che hanno trainato tutta la compagnia. Bravi Luigi De Luca, nei panni dello spumeggiante Luigino. La nervosa e moderna Luisella interpretata da Milva Marigliano e Rosario Giglio nel doppio ruolo del Marchese Favetti e del padrone di casa Don Gioacchino.

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