Bruce Springsteen: nemmeno una cover band suona per l’insediamento di Trump!

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Se non posso avere Bruce Springsteen, prenderò una cover band“, deve essersi detto Donald Trump. Come se fosse la stessa cosa, come se volesse fare un dispetto al Boss e ai suoi innumerevoli fans sparsi in tutto il mondo. La pochezza del pensiero dell’ormai prossimo Presidente degli Stati Uniti d’America è talmente macroscopica che gli si è ritorta contro, condannandolo all’ennesima figura barbina. Non che gliene importi molto, ovviamente, ma vale comunque la pena sottolineare a chi si sono affidati per i prossimi 4 anni gli Americani.

Andiamo per ordine: sappiamo tutti che Bruce – così come la maggior parte degli artisti americani – si è schierato con i Democratici e soprattutto con Barack Obama. Sappiamo anche che Bruce – come la maggior parte degli artisti americani – hanno rifiutato (quelli che sono stati contattati dall’entourage del miliardario col ciuffo) di esibirsi al Galà per l’insediamento del nuovo Presidente USA che si terrà giovedì prossimo, 19 gennaio, a Washington D.C. Così come sappiamo (ne abbiamo parlato anche qui) del grande party di addio alla Casa Bianca dato da Obama a cui hanno preso parte moltissime celebrità, compresi Bruce e Patti. Ebbene il buon – si fa per dire – Donald, dovendo comunque riempire una sala per il Galà su cui volenti o nolenti sono puntati gli occhi di tutto il mondo e avendo incassato soltanto il sì di Clint Eastwood, di Jackie Evancho (cantante lirica di 16 anni che ha partecipato ad America’s Got Talent senza peraltro vincerlo, che canterà l’inno americano), delle ballerine Rockettes, di Beau Davidson (“vocalist” diplomatosi all’istituto maschile University Memphis School), dei The Reagan Years (5 “talentuosi” – come si autodefiniscono – musicisti che si esibiscono in classici pop, rock e heavy metal degli anni ’80), The Mixx (band californiana specializzata in matrimoni e cerimonie), DJ Romin (artista con 634 like su Facebook), di Young Rye (dj che invece di like su FB ne ha 593), dei  3 Doors Down (gruppo alternative-rock) e di Toby Keith (cantautore country),  ha pensato di invitare anche un  nome che – nella sua testa – avrebbe spaccato la sala e conquistato tutti gli Americani: la B Street Band. Sì avete letto bene, non la E Street Band ma una sua copia. Non Bruce Springsteen che mi odia ma Glenn Stuart, che non sarà granché ma le canzoni tanto sono quelle… Aberrante! Semplicemente ridicolo. Per chiunque ma non – evidentemente – per chi è abituato a truffare, a mentire, a ingannare.

La storia continua con il sì da parte della cover band che viene immediatamente “bannata” sui social di tutto il mondo. Vengono attaccati da tutti, a cominciare da Michael Scialfa, fratello di Patti, che scrive senza mezzi termini: “Spero vi diano davvero  una montagna di soldi per offendere tutti i fan di Springsteen con il vostro volgare marketing da poveracci che dimostra che siete solo un plagio di bassa lega buona solo per suonare nei bar“. Come si dice in questi casi, Michael l’ha toccata piano… Ma non è stato l’unico a schierarsi contro questa pagliacciata. Le proteste sono state talmente tante, e talmente forti, che alla fine i “Bstreeters” si sono tirati indietro con un breve comunicato pubblicato sul loro sito: “Con le nostre più profonde scuse ai nostri fans e al Comitato organizzativo del New Jersey Inaugural Ball, la B Street Band rinuncia ad esibirsi a questo Galà. La nostra decisione si basa UNICAMENTE sulla gratitudine che abbiamo per Bruce e per la E Street Band. La musica di Bruce è stata la base della nostra sussistenza. La B Street Band non esisterebbe senza il talento di Bruce e dei nostri fratelli della E Street. Siamo estremamente riconoscenti a queste leggende del rock e non vediamo l’ora di poter emulare e suonare ancora per molti anni la Musica Eterna di Bruce Springsteen”. Will Forte, batterista della band, ha dichairato a Rolling Stone: “Volevamo far sapere a tutti che non intendevamo essere irrispettosi nei confronti di Bruce, della sua band e della sua musica“. Resta da capire perché abbiano detto sì… non immaginavano la reazione dei fans e – probabilmente – di Bruce stesso? Certo da questa storia hanno ottenuto un bel po’ di pubblicità, resta da capire se gli si ritorcerà contro.

Nel frattempo, giova ricordare che se nel 2009 sul palco di Obama si erano esibiti Bruce, Bono e Aretha Franklin (per fare 3 nomi), e nel 2013 a cantare l’inno per il secondo insediamento di Barack Obama era stata Beyoncé, nel 1961, per il Presidente John F. Kennedy, la “voce” ufficiale fu quella di Frank Sinatra.

Giova anche menzionare che mentre si prepara la cerimonia di insediamento del nuovo Presidente, un gruppo di attori (molto) noti – da Emma Stone a Matthew McConaughey – si sono esibiti in una inconsueta, ma efficacissima, versione di “I Will Survive” di Gloria Gaynor. Arriverà il messaggio alla Casa Bianca?

 

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Patrizia De Rossi è nata a Roma dove vive e lavora come giornalista, autrice e conduttrice di programmi radiofonici. Laureata in Letteratura Nord-Americana con la tesi La Poesia di Bruce Springsteen, nel 2014 ha pubblicato Bruce Springsteen e le donne. She’s the one (Imprimatur Editore), un libro sulle figure femminili nelle canzoni del Boss. Ha lavorato a Rai Stereo Notte, Radio M100, Radio Città Futura, Enel Radio. Tra i libri pubblicati “Ben Harper, Arriverà una luce” (Nuovi Equilibri, 2005, scritto in collaborazione con Ermanno Labianca), ”Gianna Nannini, Fiore di Ninfea” (Arcana), ”Autostop Generation" (Ultra Edizioni) e ben tre su Luciano Ligabue: “Certe notti sogno Elvis” (Giorgio Lucas Editore, 1995), “Quante cose che non sai di me – Le 7 anime di Ligabue” (Arcana, 2011) e il nuovissimo “ReStart” (Diarkos) uscito l’11 maggio 2020 in occasione del trentennale dell’uscita del primo omonimo album di Ligabue e di una carriera assolutamente straordinaria. Dal 2006 è direttore responsabile di Hitmania Magazine, periodico di musica spettacolo e culture giovanili.

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