Nel 1951 uscì l’album Ritual of the Savage di Les Baxter, leggendario compositore e arrangiatore statunitense. Siamo di fronte a uno dei lavori più importanti e innovativi nell’ambito del cosiddetto genere musicale Exotica. Una musica quasi esclusivamente strumentale con forti contaminazioni di ritmi tribali e con delle particolarità acustiche ispirate a suoni provenienti da regioni tropicali, oceaniche, asiatiche e anche africane. Ma fu nel 1957, con l’uscita dell’album Exotica del pianista e arrangiatore Martin Denny che iniziò la fortuna popolare del genere. L’album conteneva la cover di un brano dello stesso Baxter, Quiet Village, che nella versione di Denny divenne un grande successo. Dal titolo dell’album prese nome quella particolare branchia dello Space Age Pop (pop dell’era spaziale) e dell’Easy Listening conosciuta, appunto, come Exotica. La prima versione dell’album di Denny uscì con un audio mono e due anni dopo ne uscì una versione stereo. Era l’epoca dell’entusiastico adeguamento, da parte del music-biz, alle innovazioni tecnologiche. Le carriere di Martin Denny e di Les Baxter negli anni a venire furono luminose e piene di soddisfazioni.
Ho raccontato questo per introdurre l’argomento della musica strumentale che tanta fortuna popolare ebbe alla fine degli anni ’50, negli anni ’60 e anche, con altri contenuti, nella decade successiva.
Il brano strumentale Tequila fu inciso dal gruppo statunitense The Champs nel 1959. Si basa su un beat di mambo cubano suonato con intenzione rock ‘n roll. Tequila andò al numero uno in America in sole tre settimane e divenne immediatamente un successo planetario. I Champs furono il primo gruppo della storia ad andare in vetta alle classifiche con uno strumentale alla prima uscita. L’autore del brano, il sassofonista Danny Flores, per l’occasione cambiò il suo nome in Chuck Rio perché in quel momento era sotto contratto con un’altra casa discografica. Flores, morto nel settembre del 2006, è conosciuto come il padrino del rock latino. Nel 1961 il gruppo The Shadows che accompagnava Cliff Richards, cantante di rock ‘n roll che dominò la scena musicale britannica pre-Beatles, uscì col brano Apache, che divenne subito un successo mondiale. Oltre alla bellezza e alla fruibilità immediata della melodia, il brano si avvaleva di un suono nuovo dovuto soprattutto all’abilità chitarristica di Hank Marvin ispiratore di Eric Clapton, Mark Knopfler, David Gilmour, Jeff Beck, George Harrison, Ritchie Blackmore e tantissimi altri. Hank Marvin è stato il proprietario della prima Fender Stratocaster venduta in Inghilterra. Questa chitarra ha contribuito al suo successo e a creare il particolare suono che caratterizzava le sue esecuzioni. Suono dovuto, oltre che al suo tocco magistrale e allo strumento Fender, all’utilizzo degli amplificatori AC15 e AC30 della Vox, agli effetti di echo Meazzi Echomatic e Binson Echorec, alla cui messa a punto lo stesso Marvin contribuì sensibilmente. Un anno dopo (1962) Booker T. Jones e i suoi MGs escono con Green Onions uno dei brani strumentali più venduti della storia della musica leggera. Il gruppo era formato da Steve Cropper alla chitarra, Lewie Steinberg al basso, Al Jackson jr. alla batteria e dallo stesso Booker T. all’organo Hammond. Il band leader allora non aveva ancora compiuto diciott’anni. Green Onions fu usata in decine di film (tra cui anche American Graffiti), serie TV (Prison Break su tutte), spot, cartoni animati e perfino videogiochi; molte furono le cover, incise anche da artisti del calibro di Henry Mancini, Blues Brothers e Pink Floyd. Nel 1965 A Taste of Honey, uno standard della musica pop scritto da Bobby Scott e Ric Marlow, divenne una hit internazionale nella versione strumentale di Herb Alpert e la Tijuana Brass. Il brano era già stato oggetto di innumerevoli cover tra le quali spiccava quella dei Beatles nell’album Please Please Me del 1963. Ma non posso non citare un esempio italiano. Mi riferisco a Mario Battaini, polistrumentista e arrangiatore, che con lo pseudonimo The Duke of Burlington tra il 1969 e il 1970 portò al successo due brani strumentali 30/60/90, cover della versione di Willie Mitchell, e Flash.
Ovviamente qui non affronto tutta la musica strumentale, altrimenti ci sarebbe da parlare da Beethoven a John Coltrane o da Chopin a Miles Davis e ci vorrebbe un’enciclopedia intera per esaurire l’argomento.
Ci sono moltissimi brani che hanno travalicato i confini del Jazz per diventare dei classici anche in ambito crossover. Di seguito ne ricorderò alcuni.
Nel 1964 l’organista Jimmy Smith con la sua interpretazione del brano The Cat, scritto da Lalo Schifrin, rese popolare l’organo elettrico Hammond B3. Smith fu uno degli anticipatori del funk e anche ispiratore di molti gruppi di acid jazz. A metà degli anni sessanta era presente in tutti i Juke-Box e persino in Italia ebbe un notevole successo. Era la sigla della popolare trasmissione radiofonica musicale Per voi giovani. Nel 1965 Ramsey Lewis e il suo trio registrarono una cover di The in Crowd di Dobbie Gray che ottenne immediatamente un enorme successo. Ramsey vinse tra il 1965 e il 1973 tre Grammy Awards, il primo proprio grazie a The in Crowd (miglior interpretazione jazz di una piccola band). Il brano Mercy, Mercy, Mercy, composto da Joe Zawinul e uscito nel 1966 fu un’altro splendido esempio di musica crossover e soul Jazz. Contenuto nell’album Mercy, Mercy, Mercy! Live at the Club il pezzo portò ai primi posti delle charts l’immenso Cannonball Adderley e il suo quintetto. La formazione che eseguì il brano comprendeva, oltre allo stesso Cannonball al sax alto, il fratello Nat alla cornetta, Joe Zawinul al piano, Victor Gaskin al basso e Roy McCurdy alla batteria.
Ci sono brani strumentali che rimangono impressi indelebilmente nei nostri cuori, capaci di evocare fin dalle prime note il ricordo di serie televisive o di film famosi, associati per sempre a momenti particolari della nostra vita. Mi riferisco, ad esempio, alla composizione di Fred Steiner Park Avenue Beat meglio conosciuta come il tema principale della leggendaria serie televisiva Perry Mason con protagonista Rymond Burr. Dopo gli anni sessanta Stainer ha continuato a lavorare a colonne sonore fino tutti gli anni ottanta collaborando tra l’altro con John Williams e Quincy Jones. Uno dei più importanti creatori di temi musicali per film fu senza dubbio l’inglese John Barry. E’ co-autore del James Bond Theme anche se allora fu accreditato interamente a Monthy Norman. Questo tema datato 1962 è tuttora usato nei film di 007. La caratteristica principale del brano è la chitarra in stile surf che il compositore userà anche il seguito. John Barry è l’autore delle musiche di altri undici film che narrano le gesta di James Bond, uno su tutti Goldfinger. Inoltre ha scritto le musiche per Ipcress, Un uomo da marciapiede e tantissime altre pellicole. Uno dei musicisti che scrisse più colonne sonore di successo fu sicuramente Henry Mancini pseudonimo di Enrico Nicola Mancini. A lui si devono i temi di Colazione da Tiffany, La Pantera Rosa, Sciarada e tanti altri. Nel 1976 Bill Conti compone il brano Gonna Fly Now l’inconfondibile tema del primo Rocky. Nel 1967 Morton Stevens compone il bellissimo tema, in uso ancora oggi, del telefilm Hawaii 5-0. Gli Italiani Nino Rota e Ennio Morricone non hanno bisogno di essere spiegati tanto è grande la loro importanza e influenza.
In ambito rock la musica strumentale ebbe una grande importanza soprattutto negli anni 70 con l’avvento del Progressive, del Jazz Rock e dell’elettronica. Pensiamo a parecchi brani dei Pink Floyd, al Santana di Caravanserrai e Borboletta, agli Allman Brothers di Jessica, scritta da Dicky Betts in onore della figlia nata da poco e che figura come una sorta di omaggio al grande chitarrista jazz Django Reinhardt, alla breve discografia dei Nice di Keith Emerson, all’album solista di Peter Green The End of the Game appena fuoriuscito dai Fleetwood Mac, ai Rush del capolavoro La Villa Strangiato, a tutta la produzione dei Tangerine Dream, a Tabular Bells di Mike Oldfield e a molti brani dei King Crimson. Ma l’elenco è sterminato.
Oggi, a parte qualche tema legato a colonne sonore di film o a sigle di serie televisive fortunate, la musica strumentale è diventata un genere di nicchia. La troviamo soprattutto in ambito Post-rock e Progressive metal. Tra i padri fondatori del post-rock ricordo i Tortoise che sono un gruppo formatosi a Chicago nel 1990. Sicuramente una delle band più innovative del genere. Poi Buckethead, God Is an Astronaut, Mono, Mogwai, Explosions in the Sky, Godspeed You! Black Emperor e gli oramai sciolti Liquid Tension Experiment di Mike Portnoy già coi Dream Theater. Per concludere citerei l’eclettico e geniale John Zorn la cui opera spazia dall’Avant- garde Jazz al Free-jazz, dal Rock sperimentale al Punk Jazz, dalla Noise music alla Fusion e dal Grind core e all’Avant-garde metal.
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YouTube / joanes5 – via Iframely
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