Gabbani piace a tutti, quindi è “il male”. Basta semplificazioni

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Francesco Gabbani

Scrivi Francesco Gabbani, leggi fenomeno… O cialtrone?
L’anno scorso con Amen piaceva; quest’anno con Occidentali’s karma piace a tutti, anche di più.  Quindi non deve piacere più. Piace la scimmia? Piace lo sciorinare, uno dopo l’altro, tutti i luoghi comuni sulla filosofia orientale, in una grande accozzaglia priva di senso? Magari trova il suo senso proprio nel suo essere priva di senso? È musica, baby, mica filosofia orientale!
Forse piace semplicemente questo ragazzo che, superati i 30 anni, è arrivato al successo con un bel pezzo. Non è il salvatore della patria, Gabbani. Non ha scritto il capolavoro del nuovo millennio. Non è il cantautore che risolleverà le sorti della musica italiana, né che l’accompagnerà all’altare dopo il baratro in cui giaceva, rassegnata ai colpi di “Noi siamo infinitooohhhh” o ai vecchi, ma mai dimenticati “in tutti i laghi”. No. Però alla musica italiana, il ragazzo di Carrara, può dare nuova linfa.

Gabbani reinventa il concetto di spettacolo? Gabbani vince Sanremo perché sul palco balla con una scimmia? Forse. Ce ne frega qualcosa? Ancora no. Però della vittoria di Gabbani ci importa. Avremmo gioito nel vedere Fiorella Mannoia sul gradino più alto dell’Ariston? Ma sì! Eppure l’ennesima medaglia al valore (grande grande grande) si sarebbe impolverata dopo poche settimane, aggiungendosi alle altre, nella stanza della memoria, insieme ai successi di Caffè nero bollente, Come si cambia, Quello che le donne non dicono… Prima “attestazione ufficiale”, magari (ed effettivamente è andata così), che però non avrebbe aggiunto niente o quasi alla sua carriera. Per di più con un pezzo discreto, presentato però da un’artista che ci aveva abituato a brani di ben altra (e alta) levatura.

Diciamolo: a tutti avrebbe fatto piacere la vittoria della Mannoia. Ma ammettiamolo: intimamente speravamo in un finale diverso. Finale che probabilmente lei era la prima a condividere, se non nelle speranze, e ci mancherebbe, nella consapevolezza. E non perché Occidentali’s karma fosse più bella di Che sia benedetta. Neanche di questo c’interessa parlare. C’interessa parlare di Gabbani.

In linea teorica possiamo pure disinteressarci del percorso artistico di un musicista: se è bravo, poco importa che provenga da un talent show o sia stato scoperto mentre, a finestre spalancate, cantava L’inno alla gioia e un produttore discografico passava proprio sotto casa sua. Però di Gabbani c’importa anche questo, perché la sua è la storia di un ragazzo che di strada ne ha fatta parecchia e di porte in faccia ne ha prese tante. Ed è anche la storia di un ragazzo che non ha optato per la strada più rapida, che ha deciso di non svendere la sua, pur valida, voce: Gabbani è un cantautore, Gabbani vuole cantare le canzoni che scrive.

L’Ariston premia un artista giovane e fresco, che porta sul palco la sua età. Dimostra che Sanremo può ancora significare “guardare avanti”, e ci perdonerete paragoni ai limiti della “blasfemia”: Vasco Rossi, Zucchero… I Festival degli ultimi anni ci avevano abituato a una progressiva involuzione: da Gattopardo, “Cambiare tutto per non cambiare niente”. Ragazzini appena usciti dai talent show, ciuffo imponente o trucco pesante, pronti a salire sulla macchina del tempo per cantare canzoni anni ’50: l’esaltazione dell’ovvio, la sublimazione della rima baciata, dell’orchestrazione ai limiti del fastidioso.

Poi arriva Gabbani, scimmia al seguito, e porta a Sanremo un pezzo che non parla d’amore! Canta una canzone a modo suo “impegnata”, ma di un impegno leggero. Non ha certo le ambizioni del trattato di filosofia orientale, come dicono i social network: sa presentare un tema attuale, in una chiave che piace. Che piace anche grazie all’ottimo arrangiamento, che le dà i connotati del “tormentone”, ora utilizzato con accezione negativa, come fosse una nota di demerito aver scritto un pezzo che “acchiappa”.
Occidentali’s karma è la canzone che ci si attenderebbe da tutti i ragazzi del 2017. Ed è un bello “schiaffo morale” ai ventenni che si aggiungono una decina d’anni e cantano di amori infiniti o di vite sbagliate. Gabbani di anni ne ha 30 anni e li canta ai trentenni di oggi. Ma anche a quelli di domani e di ieri, che lì si riconoscono. Una volta era così: sul palco dell’Ariston quelli “nuovi” cantavano di volere una vita spericolata, di voler andare al massimo, non di sognare la storia eterna, non di piangere di fronte all’amore della propria vita ormai irraggiungibile. Infatti Gabbani canta l’esatto opposto.
Occidentali’s karma non è il pezzo della vita: né della sua, né della nostra. Però è un bel pezzo, ci fa ballare e porta aria nuova alle nostre orecchie.
Namasté, alè!

7 COMMENTI

    • * Non sai scrivere e leggere in Italiano corrente?! Non e’ mai troppo tardi, per imparare a farlo. Ho fiducia in te. 😀

      • Dato che l’evoluzione inciampa…dimentichiamo tutto con un Amen! 😉
        P.S. “ma anche no” in quale libro di italiano lo posso imparare (emoji che lacrima dal ridere, si scrive così in italiano?)

    • * Ciao Luca! Sono rilassatissima. Proprio perché so di cosa parlo. Forse manca l’emoji adatto?! Ma anche no.

  1. Se metti Gabbani a confronto con mostri sacri come Peter Gabriel e Battiato penso che inconsciamente già ti sia accorta del potenziale che ha.

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