Elle. La signora apocalisse

L'eterno ritorno di Paul Verhoeven

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Elle
di Paul Verhoeven
con Isabelle Huppert, Laurent Lafitte, Anne Consigny, Charles Berling, Virginie Efira
Voto 8

Rispetto al romanzo da cui Verhoeven ha tratto Elle (Oh…, di Philippe Djian, Voland) la protagonista Michèle lavora nel mondo dei videogame invece  che in quello del cinema e non commenta mentalmente quanto le capita. Perché nel film non c’è voce off. Casomai lo sguardo di un gatto. Michèle, cinquantenne di ferro con figlio stupido (che sta per avere figlio non suo da moglie orribile), amante del marito della socia, gelosa della nuova ragazza dell’ex marito, figlia di una dissennata signora che vuole sposarsi  un toyboy e di un maniaco che uccise quasi trenta persone (e da decenni langue in carcere in attesa del suo perdono), una sera viene violentata da un uomo in passamontagna. Non lo denuncia. Lo aspetta di nuovo, lo rivuole, lo usa. E l’unico testimone è un gatto. Intanto risistema la sua vita. In sostanza la signora di ferro, come superando i livelli di un videogame (da qui la scelta di Verhoeven?) porta alla distruzione  tutti i personaggi (madre, padre, figlio, amanti, amiche, colleghi e persino lo stupratore) il cui incastrarsi e interagire buffo, a volte tragicomico, contiene il sospetto che percorre il film: il padre era stato l’unico mostro di quel massacro o un’ambigua fotografia di quel tempo terribile rivelava che Michèle era complice? Come in Basic Instinct forse lo sapremo, ma forse no. Verhoeven è sempre nel suo cinema estremo, in cui faceva domande capitali usando lo sghignazzo, il grottesco, il tragico e il fumetto (L’amore e il sangue, Robocop, Atto di forza, Basic Instinct, Starship Troopers), solo che ha optato per una nuova, strana forma di divertimento che sembra derivata dal suo esperimento del 2012 (un po’ alla Von Trier)  presentato come Steekspel (“giostra”, in olandese) e uscito anche come Tricked: lui aveva girato 4 minuti di film e i futuri spettatori erano invitati ad inviare idee e video per continuare quell’inizio. L’idea era stata venduta come format, ma in Elle c’è molto di quel metodo: e il risultato ricorda la violenza surgelata e cerebrale di un Haneke, però più surreale e divertita, che converge nella domanda, un po’ profezia e un po’ apocalisse, sulla nostra civiltà (economia, politica, sessualità, psicologia) mormorata da un personaggio verso la fine: “Perché?!” . Sensazione (Haneke, apocalisse, destino del nostro stile di vita) che potrebbe essere anche influenzata da Isabelle Huppert, che ormai sembra incarnare in ogni suo film (attenti all’imminente e molto bello Le cose che verranno) un unico, identico, personaggio: freddo, sarcastico, disperato, europeo. Cioè Isabelle Huppert.

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