Cesare Basile, un fuggitivo mai domo

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Cesare Basile

Un concerto intenso e sciamanico, ricco di storia e storie è quello che sta girando l’Italia sotto il nome di U Fujutu su nesci chi fa?, titolo dell’ultimo album di Cesare Basile. Uno dei più grandi artisti che abbiamo in casa, quasi trent’anni di carriera nel segno del rock, del blues, della tradizione ma coerentemente sempre dalla parte dei sottomessi, delle vittime dei padroni.
Il cantautore siciliano da alcuni anni ha scelto di esprimersi nel proprio dialetto e ha dato alle stampe dischi splendidi come Cesare Basile (2013) e Tu prenditi l’amore che vuoi e non chiederlo più (2015), entrambi vincitore della Targa Tenco per il miglior disco in dialetto. U Fujutu, ossia il fuggitivo, segue la stessa falsariga ma dal vivo è supportato da una band eccezionale: I Caminanti vedono i due fidati musicisti di lungo corso Massimo Ferrarotto (batteria) e Luca Recchia (basso) accanto a tre giovani musiciste non solo di gentile presenza ma anche e soprattutto di provata perizia tecnica. Le polistrumentiste e cantautrici in proprio Simona Norato (voce, tastiere e percussioni) e Roberta Gulisano (voce, tamburello e percussioni) accanto alla ferrarese Sara Ardizzoni (chitarra elettrica), unica non siciliana del gruppo.
Fin dall’ingresso in scena sul palco dello Scugnizzo Liberato di Napoli, centro sociale ricavato negli spazi di un ex carcere minorile nel cuore del Vomero, Cesare Basile si posiziona al centro, affiancato dalla Gulisano a destra e con la Ardizzoni a sinistra. Dietro la rocciosissima e fantasiosa sezione ritmica formata da Recchia e Ferrarotto e la Norato libera di spaziare tra tastiere, percussioni e quant’altro.
Si parte con Lijatura, dall’incedere ipnotico come la successiva Tri nuvuli ju visti cumpariri, che dal vivo guadagnano in bellezza e potenza grazie a un impianto ritmico e percussivo davvero trascinante. La presenza scenica di Roberta Gulisano, mediterranea e ieratica nella sua lunga veste, e di Sara Ardizzoni, più aggressiva nei panni della rockeuse, si fa indubbiamente apprezzare.
L’ultimo disco scivola intervallato da alcuni pezzi degli album precedenti come Canzuni addinucchiata e Manianti, che parla di una famiglia di pupari e della loro dignità di fronte al potere che intende ridurli al silenzio. Spiccano Cincu pammi, Cola si fici focu, Storia di Firrignu e Araziu Stranu, nelle quali Cesare dà voce ai senza voce, prima della catartica esecuzione di U Fujutu su nesci chi fa?, in cui ogni elemento della band dà il meglio di sé ma in particolare una tarantolata Simona Norato ad alternarsi tra tastiere, cori e percussioni. Cesare le cede la scena e la voce su Fimmina trista fimmina nata, non prima di aver spiegato che trista in siciliano non identifica affatto una donna triste. Il finale è qualcosa di esaltante in cui Basile recupera la sua anima più intimamente rock e i toni si alzano sulle note di Parangelia, la travolgente Strofe della guaritrice e la conclusiva Il sogno della vipera. Quando la musica diventa viaggio e cultura, al di là  e oltre i dialetti e i confini.

Scaletta:
(Scongiuro)
Lijatura
Tri nuvuli ju visti cumpariri
Cincu pammi
Cola si fici focu
Canzuni addinucchiata
Manianti
Storia di Firrignu
U scantu
U Fujutu su nesci chi fa?
Ciuri
Fimmina trista fimmina nata
Cirasa di Jinnaru
Araziu Stranu
Parangelia
Strofe della guaritrice
Il sogno della vipera

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