Visitare (tutta) Parigi in tre giorni e mezzo. Sembra un titolo da film degli orrori, e invece vi assicuro che è possibile, eccome se è possibile. Necessaire: gambe buone, sveglia presto e idee chiare.
Questa è stata la mia terza volta nella capitale francese: la prima, un Capodanno di X anni fa; la seconda, nell’estate della maturità, con due compagne di classe. 11 giorni di viaggio raccontati per filo e per segno a Isabelle Huppert… ma questa è un’altra storia.
La terza vede la sua parabola concludersi poche ore fa, all’aeroporto di Treviso.
Nel mezzo, la più classica delle visite a Parigi: Tour Eiffel, Notre-Dame, Louvre.
Nel mio precedente viaggio, Parigi l’avevo girata (quasi) tutta, concedendomi lunghe passeggiate e lunghe visite ai musei. Questa volta, al contrario, ho voluto (leggi: dovuto) fare la turista frenetica.
Parigi è sempre la stessa e bene o male le cose viste son sempre le stesse (con qualche “taglio” necessario, ma anche con qualche aggiunta).
Nella Ville Lumière ce n’è per tutti i gusti. Per gli amanti dell’arte, i classici giri al Louvre, al D’Orsay o all’Orangerie. Se volete mettere un piede nel ‘900, sarà il Centre Pompidou a fare al caso vostro; se volete mettere un piede nel futuro: Défense. E la Villette, ça va sans dire.
E poi le architetture sacre di Notre-Dame, della Sainte Chapelle, del Sacro Cuore e del Pantheon. Ma pure cambiando religione troverete meravigliosa la Moschea.
I “giri nel verde” rispondono al nome di Jardin des Tuileries e Champs de Mars. E rispondono al nome di Versailles.
Ah già, quasi dimenticavo Tour Eiffel e Arc de Triomphe.
Ma la cosa più bella? Camminare. A Parigi le distanze sono infinitamente maggiori rispetto a quelle in una qualsiasi altra città, eppure la percezione è completamente diversa. Sarà per “colpa” della Tour Eiffel, capace di sbucare in ogni angolo di Parigi, come a indicare che alla fine tutto si esaurisce lì. Ce ne si accorge sugli Champs Elysées, a un primo sguardo percorribili in una manciata di minuti, con quell’arco pronto a stagliarsi fin dal primo momento.
Ma ce ne si accorge soprattutto a fine giornata, quando il conta passi non si ferma mai sotto i 20 km (il primo pomeriggio). Il record lo detiene invece l’ultimo giorno: 414 minuti di camminata per un totale di 33 km percorsi. Mi sono divertita a sommare tutte le distanze di questi quattro giorni e mezzo: 105 km e qualche kg in meno (ah no, le crêpe alla Nutella!).
E in effetti è proprio questo il bello di Parigi: le interminabili passeggiate sulla rive gauche, sbirciando le bancarelle dei bouquiniste. Perdersi a Saint-Michel o nel quartiere latino. Salire la lunghissima scalinata che conduce al Sacro Cuore, tra il fragore dei ragazzi che affollano il prato, respirando gli odori che si confondono e salgono dalla strada. E poi girare per la Place du Tertre a Montmartre.
Eppure, anche immersi in tanta bellezza, c’è un elemento che stona. Ce ne si accorge fin da quando si mette piede nell’aeroporto di Parigi, con l’accoglienza di uno stuolo di militari. Ce ne si accorge agli ingressi dei musei, ma anche dei centri commerciali e di qualsiasi altro luogo in grado di raccogliere più persone. Ce ne si accorge all’ingresso del Louvre, dove campeggia la scritta Pericolo attentati. Ce ne si accorge di fronte alle interminabili code.
Una sensazione simile l’avevo provata lo scorso anno, durante un viaggio a Bruxelles all’indomani dell’attentato al Bataclan. In una città con i nervi a fior di pelle, persino gli ingressi degli hotel erano controllati con i metal detector.
I prezzi per i voli per Parigi sono calati e la capitale francese perde terreno nella classifica delle mete turistiche più ambite. Non certo per colpe intrinseche: il suo fascino, a ogni angolo di una potenza folgorante, è immutato.
Parigi: la città dell’amore, ma anche della moda, della cultura, del divertimento… La Ville Lumière che, nonostante tutto, illumina e continua ad affascinare, a far innamorare e a farsi amare.