Lady Macbeth. La sposa sanguinaria

Ragazza alla conquista del potere. Da Leskov una variante vittoriana

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Lady Macbeth
di William Oldroyd
con Florence Pugh, Cosmo Jarvis, Paul Hilton, Naomi Ackie, Christopher Fairbanks
Voto 7

Viene da di Leskov questa Lady Macbeth (l’originale era Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk, censurata sotto Stalin, anche l’opera musicata da Sostakovic), ma in questa versione iperstilizzata è riambientata in un’Inghilterra vittoriana meno di maniera e più scabra del solito. Katherine (Florence Pugh), giovanissima sposa “comprata” dal (quasi) erede di un padrone di miniere in cambio di un terreno, viene reclusa nella villa in brughiera, ignorata sessualmente dal marito debosciato e assediata dal suocero che esige un erede. Risposta: la donna si concede un’avventura sessuale con uno stalliere. La liberazione sessuale è preludio alla liberazione sociale (lei è ricca ma inesistente ai loro occhi) attraverso il crimine. Come la sposa del guerriero Macbeth accompagnava il regicida nel bagno di sangue del potere, anche Katherine compie con il suo amante stalliere un’escalation di crimini frigida, orribile e razionale. Diventa mostro. E proprio con l’accento sulla questione della maternità (come in Shakespeare). Oldroyd cambia spesso le carte in tavola e forse usa addirittura nozioni che lo spettatore non conosce, ma pilota la sensualità criminale della lady alla conquista del potere maschile con mosse che sembrano ispirate alle geografie che circondano l’azione. Solo che la brughiera non è più romantica…

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