Clean Bandit: sogno di una sera di mezz’estate

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Clean Bandit

Apro instagram: ragazze da Tiziano Ferro.
Sento un’amica per sapere la sua opinione sul finale di una serie che va avanti da 7 anni e che è arrivata finalmente a conclusione (non fatemi dire di cosa si tratta, fu uno sbaglio giovanile): eh non l’ho vista, sto in fila da Tiziano Ferro.
Chiedo uno strappo in macchina a un amico che fa la mia stessa strada per raggiungere l’università: c’è il delirio per Tiziano Ferro.
Così prendo e decido che me ne vado a vedere i Clean Bandit all’Auditorium.

La prima volta alla Cavea fa abbastanza scena, la temperatura è perfetta e la notte inizia a farsi sempre più buia ma mai scura e mentre la band d’apertura inizia a fare un po’ di soundcheck intrattengo due chiacchiere con una collega polacca.
Pian piano che il tempo passa mi rendo conto che intorno a me è pieno di gente di tutta europa, tutti stranieri che subito si esaltano quando vedono arrivare sul palco uno stereotipo dell’artista Reggae, solito artistello magari anche bravo ma destinato ad esser inghiottito dall’indifferenza generale di chi attende solo che Grace e i fratelli Patterson salgano sul palco, questo dico a me stesso.
Dopo una prima canzone che mi convince a prendere il biglietto del concerto in mano per rileggere e segnare in testa il suo nome JP Cooper e compagni decidono di buttare giù il palco con un sound che prende non poco, su September Song il pubblico si alza e canta insieme a lui cosa che ho raramente visto fare durante un opening act.
Tra l’altro fa anche un numero considerevole di canzoni, al punto che mi sono ritrovato a dare una gomitata al mio +1 e chiedere “ma sei sicura che stiamo al concerto giusto?”
Guardo intorno a me: tutti gli stranieri esaltati per JP Cooper.
Sento un’amica cantautrice trapiantata a Londra nella pausa: MA CHE DAVVERO C’È JP COOPER? IO LO AMO
Chiedo a me stesso e sento: questo JP Cooper lo voglio spingere.
Con una tale premessa salgono sul palco i membri della formazione originaria Jake, Luke e Grace accompagnati da Florence Rawlings, Elizabeth Troy e Ezinma.
Il repertorio non è ampissimo è vero ma viene sfruttato a dovere e ogni canzone è una scarica d’energia perfettamente catalizzata dalle interpreti che sostituiscono egregiamente le rispettive controparti in studio aggiungendo quel tocco in più che solo la musica dal vivo è in grado di regalare.
Mentre una lieve brezza notturna accarezza il viso le vibrazioni rapiscono le orecchie e le gambe si muovono da sole: in questa notte di fine Giugno c’è un entusiasmo, una naturalezza, un divertimento che effettivamente trasla una Cavea che per qualche secondo sembra quasi farsi teatro mentre Liz e Grace ballano e incantano come dive Shakespeariane accompagnate, tra i tanti strumenti, dal violino di Ezinma che la rende ancora più affascinante di quanto già non sia.
SPOILER: NON POCO.

Florence aggredisce ogni nota e non la lascia andare neanche per un istante con una voce da veterana e uno sguardo da bambina manda in visibilio l’audience facendo cantare tutti sia sulle Hit che sulle tracce meno note.
Purtroppo questa volta sotto palco non si va se non alla fine e anche lì sempre a debita distanza ma questo è cercare il pelo nell’uovo dopo aver assistito a uno show intenso dalla prima all’ultima nota, dopo aver cantato canzoni che non conosco, dopo esser tornato a casa in solluchero.
Apro l’instagram: tutte fomentate per il concerto di Tiziano Ferro.
Mi scrive un’amica: “Concerto assurdo”.
Rispondo io: “Teneteve Tiziano, stanotte there’s no place i’d rather be”.

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