La magia dei 20 anni di Niccolò Fabi in scena a Milano

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Niccolò Fabi in concerto al Carroponte di Sesto San Giovanni il 6 luglio 2017 - © Foto: Riccardo Medana

Avrebbe potuto mostrare i muscoli, che partire dai locali e arrivare al Carroponte non è cosa da tutti i giorni. Stravolgere gli arrangiamenti, farci capire che ormai Niccolò Fabi è questo: un cantante capace di radunare qualche migliaio di persone davanti a sé. E invece lui fa come se niente fosse: ringrazia sempre, commosso, dimentica anche un paio di parole di quel gioiellino che è Una mano sugli occhi, venendo prontamente sostituito dal pubblico, e a fine concerto se ne sta qualche secondo in piedi, da solo, davanti a tutte quelle mani in alto, quasi a volersi godere quello spettacolo tutto per lui. Come non rendendosi conto che il vero spettacolo, in due ore e mezza letteralmente volate, lo ha regalato lui a noi.
Il cerchio si chiude fin dall’inizio: Il giardiniere 2017, dove l’anno indica la nuova versione del pezzo che ha dato il titolo al suo album d’esordio. Era il 1997: esattamente 20 anni fa. E proprio questo è il “pretesto” con il quale Fabi ci raduna a Milano: la celebrazione del ventennale, in attesa della grande festa del 26 novembre al Palalottomatica di Roma.
«Non ho scelto le canzoni più belle o più famose di questi 20 anni, ma le canzoni che volevo farvi ascoltare». E ci “perdonerà” Niccolò se invece consideriamo questo concerto proprio un compendio di quelle che sono state le parti più felici della sua carriera, le più riuscite e le più emozionanti. Dove per “emozione” non intendiamo necessariamente la gioia o l’amore; Fabi: il mago che ci guida in un “percorso emozionale” ai limiti della catarsi.
Tornando alla scaletta, il viaggio che ci piace di più, accennavamo a un cerchio che si chiude fin dalle prime canzoni: il secondo brano è infatti Una somma di piccole cose, title-track del suo ultimo disco, uscito lo scorso anno. Ed è bello vedere che anche in un tour celebrativo riescano a trovare così tanto spazio le canzoni del suo nuovo lavoro, proposto quasi per intero. Ed è anche questa la grande capacità di Niccolò: la sua voglia di evolversi, maturare. Ma farlo con delicatezza, prendendo per mano il proprio pubblico e scortandolo in quel terreno indie-folk tanto caro a Bon Iver e Damien Rice, in cui gli echi delle ultime parole vengono cullati dalla commistione di suoni delle lunghe code strumentali di ogni pezzo.
La scaletta, lo dicevamo, conosce i pezzi più belli e di maggior successo della carriera di Niccolò: Solo un uomo, È non è, Ecco, Vento d’estate, Facciamo finta. Ma, come spiegato da lui stesso, la carriera di qualsiasi artista è caratterizzata da alti e bassi. «Ora voglio cantarvi una canzone che fa parte del periodo più difficile della mia carriera», ci confida. «Dopo i primi due album, che hanno avuto un certo clamore, ho pubblicato un disco forse un po’ sfortunato, ma a cui sono molto affezionato: Sereno ad ovest. In un concerto come questo ho pensato fosse corretto farvi sentire anche questa canzone: 10 centimetri». È il regalo di Niccolò per questa serata: la sorpresa inattesa, in una nuova veste impreziosita dai suoi compagni di viaggio: Alberto Bianco, Matteo Giai, Filippo Cornaglia e Damir Nefat. Ed è proprio di loro che vogliamo parlarvi ora. Alberto Bianco, cantautore conosciuto in un locale di Torino, ascoltato alle tre di notte e, da oltre un anno, insieme al suo gruppo, sui palchi di tutta Italia insieme a Niccolò. Un artista a cui Fabi non riserva un set all’inizio del suo concerto, tra il disinteresse (siamo sinceri) del pubblico. Ma a cui Fabi riserva spazio nel bis: con Mela, il suo pezzo più bello, a detta dello stesso Niccolò. Ed è uno spettacolo nello spettacolo vedere il pubblico battere le mani, commuoversi e persino cantare la canzone. Perché la gente che partecipa al concerto di Niccolò è come se avesse siglato un “accordo di fratellanza”: per una sera muoviamoci a tempo e insieme, facciamoci trasportare su una nuvola dalle corde pizzicate, dai tasti neri e bianchi sfiorati, da quella voce che è quasi un falsetto. Partecipiamo a un’emozione. Apriamoci, come lui ha fatto con noi: «La canzone che avete appena sentito è probabilmente la più difficile che abbia scritto in questi 20 anni», ci confida Niccolò al termine di Ecco. Ed è veramente la cosa più grossa che potesse fare. «Però, per fortuna, qualche anno dopo ho potuto scrivere questa», aggiunge sulle prime note de Le chiavi di casa.
Prendiamo ad esempio tutto questo. Prendiamo ad esempio la commozione sulla canzone della quotidianità dell’amore eterno, Una mano sugli occhi. Prendiamo ad esempio le ragioni per sentirci “offesi”. Le urla liberatorie di Lasciarsi un giorno a Roma. Esempi di individualità collettiva. Perché alla fine tutti noi siamo modelli di un paradigma che si ripete sempre uguale a se stesso. Ma, per una sera, lasciamo da parte le nostre individualità. Non nascondiamo i nostri sentimenti, mettiamoli tutti davanti a noi: rabbia, dolore, gioia, euforia. Tutti. Facciamo un respiro, lasciamoli là e andiamo lontano. Lontano da noi, lontano da me.

La photogallery del concerto a cura di Riccardo Medana:

La scaletta del concerto: 

  1. Il giardiniere 2017
  2. Una somma di piccole cose
  3. Ha perso la città
  4. Solo un uomo
  5. Filosofia agricola
  6. Non vale più
  7. La promessa
  8. 10 centimetri
  9. Rosso
  10. È non è
  11. Ecco
  12. Le chiavi di casa
  13. Una mano sugli occhi
  14. Il negozio di antiquariato
  15. Una buona idea
  16. Costruire
  17. Vento d’estate
  18. Offeso
  19. Lasciarsi un giorno a Roma

BIS
20. Facciamo finta
21. Mela (di Alberto Bianco)
22. Capelli
23. Lontano da me

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