“Atom Heart Mother”: la Madre Terra e i toni nostalgici dei Pink Floyd

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Parlare di un disco dei Pink Floyd è come parlare, implicitamente, di un pezzo di storia. Si ha la sensazione di essere catapultati in un altro pianeta. Perché i Pink Floyd non sono altro che questo, un pianeta a parte. Nessuno, prima e dopo di loro, ha prodotto la stessa originalità, la stessa intensità, la stessa bellezza in musica. Riascoltare Atom Heart Mother, disco fondamentale del 1970, mi ha riportato indietro in un’epoca che non ho vissuto, per semplici questioni anagrafiche, ma che continua ad affascinarmi. E ho capito una volta di più il perché i Pink Floyd sono dei miti viventi. Doveroso, in questo preambolo, mi sembra chiarire il fatto che NON è il mio disco preferito di Gilmour e soci. Ma ha la capacità di offrire, grazie già al primo ascolto, una miriade di colori nuovi ancora oggi. Stando alla storia “ufficiale” della band, tutti sono concordi nel dire che è il disco della svolta, quello con il quale i Pink Floyd volevano salutare definitivamente il rock psichedelico degli esordi, con i primi quattro album che ricalcavano in modo fedele quel mondo.

Proprio per questo, non è sicuramente un album semplice, come tutti i lavori che desiderano segnare una linea di demarcazione rispetto al passato. Ormai si era sperimentato tutto ciò che il gruppo desiderava, e continuare su quella strada avrebbe rischiato di produrre un un qualcosa di stanco, già sentito, senza nerbo. Per questo motivo, si decise di adottare il metodo utilizzato per A Saucerful of Secrets unendo e sovrapponendo le parti suonate singolarmente da ogni componente, del tutto improvvisate. Anche il titolo fu una casualità, e la decisione finale fu presa dal batterista Nick Mason, che prese spunto da un articolo di giornale, come gli aveva consigliato Ron Geesin. L’articolo in questione titolava Atom Heart Mother Named parlava di una donna incinta che aveva nel petto un pace maker atomico. Ed in effetti, ascoltando il disco, il titolo rispecchia fedelmente l’atmosfera epica e surreale che inizia già dalla splendida suite che apre l’album e che inizialmente non aveva nemmeno un titolo, ma era denominata semplicemente Untitled Epic. La stessa suite fu poi arricchita da una arrangiamento orchestrale che l’ha resa quella che possiamo ascoltare ancora oggi.

Un punto controverso fu la copertina, Ispirata dalla carta da parati con le mucche di Andy Warhol. Il lavoro fu affidato a Storm Thorgerson, il quale, fra i suoi scatti fatti nella campagna londinese, scelse quello che ritrae Lulubelle III, una preziosa mucca di razza frisona. Il suo avaro proprietario, Arthur Chalke, provo anche a trarne un compenso, ma non ci riuscì. Il senso della copertina è tutta nella parole del suo stesso autore: «La copertina faceva una gran figura, in mezzo alle altre dell’epoca che cercavano di attirare l’attenzione in modo provocatorio. La mucca attirava lo sguardo più di quanto potessi sperare: era diversa perché così normale».

Dettaglio non da poco: la copertina non riportava il nome della band e nemmeno il titolo, e solo ultimamente proprio Nick Mason ha svelato quale potrebbe essere il collegamento con il contenuto dell’album. In realtà, e credo sia la spiegazione più piacevole e sensata, la mucca non è altro che la nostra Madre Terra, il che rimanda implicitamente alla “mother” citata nel titolo.

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Sicuramente, non è un album molto amato da Gilmour, che lo ha carinamente definito «un mucchio di rifiuti. Eravamo veramente in una fase discendente… penso che in quel periodo abbiamo davvero raschiato il fondo del barile. Inizialmente era una buona idea, ma successivamente diventò terribile… Atom Heart Mother suona come se tra noi membri del gruppo non ci fossero idee comuni, ma negli album seguenti diventammo molto più prolifici». Dello stesso parere sembra Waters, che in un’intervista del 1984 a Radio 1 della BBC disse: «Se qualcuno ora mi dicesse – bene, se esci sul palco e suoni Atom Heart Mother ti darò un milione di sterline – io gli risponderei: “Mi stai facendo un fottuto scherzo?”».

Nonostante i pareri dei suoi autori, Atom Heart Mother resta un pietra miliare del rock anni ’70, e non solo. Fat Old Sun, cantata da Gilmour, trasmette rara bellezza e malinconia, così come Summer ’68, composta da Rick Wright, il brano più dolce dell’album.

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Se non lo avete ancora fatto, ascoltate Atom Heart Mother. Magari non vi piacerà, ma farà comunque un gran bene alla vostra cultura musicale.

TRACKSLIT ATOM HEART MOTHER
1. Atom Heart Mother
a) Father’s Shout
b) Breast Milky
c) Mother Fore
d) Funky Dung
e) Mind Your Throats Please
f) Remergence
2. If
3. Summer ’68
4. Fat Old Sun
5. Alan’s Psychedelic Breakfast
a) Rise and Shine
b) Sunny Side Up
c) Morning Glory

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