A metà degli anni Cinquanta Hollywood comprende che un nuovo pubblico sta affollando i cinematografi americani. Sono gli adolescenti che si ribellano alla generazione dei loro padri decisi a conquistarsi un posto nella società.
Film di grandissimo successo come Il selvaggio interpretato da Marlon Brando e Gioventù bruciata da James Dean ne sono la prova. È in questo contesto sociale che un giovane cantante dal ciuffo ribelle e dalla voce potente sta mandando in visibilio i suoi coetanei. Il suo nome è Elvis Presley e il suo stile aggressivo e sensuale sta spopolando. Dopo Fratelli rivali del ’56 e Amami teneramente del ’57 ecco arrivare sugli schermi Il delinquente del Rock and Roll per la regia di Richard Thorpe (Ivanhoe e L’ arciere del re) interpretato dal cantante che per la verità fatica molto a essere credibile davanti alla cinepresa. La storia piuttosto banale è solo l’occasione per fare esibire Elvis nel ruolo di Everett, un giovane molto sicuro di se che inizia una fortunata carriera di cantante. Scoprirà ben presto come la fama possa essere anche un’arma a doppio taglio.
Il film contiene una celebre sequenza nella quale Presley si esibisce all’interno di uno studio televisivo ricostruito come un ambiente carcerario. Una sequenza considerata dai critici una delle migliori interpretate dal cantante, probabilmente il prototipo dei video musicali di oggi. La pellicola di Thorpe è l’occasione per rivedere sul grande schermo il mito dei miti, colui che ha rivoluzionato il campo della musica come ci ricorda la frase incisa sulla sua tomba a Graceland nel Tennessee, metà ininterrotta dei suoi estimatori.