120 battiti al minuto. L’amore ai tempi dell’AIDS

Storia d'amore e di militanza nella Parigi degli anni 90

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120 battiti al minuto
di Robin Campillo
con Nahuel Pérez Biscayart, Arnaud Valois, Adèle Haenel, Antoine Reinartz, Félix Maritaud
Voto 7

Siamo all’inizio anni 90 a Parigi, nel covo di Act-Up dove si progettavano le azioni dimostrative per protestare -con slogan sarcastici, resistenza passiva, lanci di sacchetti di sangue (finto)- contro le istituzioni colpevoli dei silenzi sull’AIDS e le politiche delle case farmaceutiche. A quei tempi di AIDS si moriva, e andava scossa un’opinione pubblica che voleva credere che fosse solo un problema gay.  Campillo segue nella prima parte la strada della narrazione appassionata, fluviale, militante, intransigente, corale: le assemblee a base di dita schioccate al posto degli applausi, le richieste di time-out sugli interventi come nelle partite di basket, le regole rigorose per dare e prendere la parola si accavallano alle azioni dimostrative e alle notti in discoteca (la musica dance di allora era a 120 battiti al minuto), un po’ parenti delle Notti selvagge di Ciryll Collard, ma anche preludio ad altro. Il lato militar/militante collettivo poi si condensa in una seconda parte più ovvia e dolente, una love story sotto l’ombra della morte per AIDS per afferrare la vita che resta.

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