Me myself and I, 40 anni di ‘segreti live’ targati Mr. Barley Arts

Esce quest’oggi, edita da Mondadori, l’attesa autobiografia di Claudio Trotta che abbiamo letto in anteprima. In No pasta no show il vulcanico promoter e organizzatore di eventi regala valanghe di avventure, colpacci, errori, rimpianti e confidenze scaturiti dagli oltre 15mila eventi portati in scena. Anche se i Grateful Dead e Miles Davis…

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Claudio Trotta

Claudio Trotta è uno di quelli che invecchiano bene. Anzi, benissimo. Capello disinvolto, solito baffo birbante, parrebbe persino dimagrito dietro allo sguardo malizioso da gigione e all’ammiccamento da esperto negoziatore. Per i suoi 60 anni, il 21 settembre scorso (proprio il giorno del genetliaco), si era regalato l’annuncio ufficiale della sua autobiografia in uscita con tanto di post sul profilo personale che annunciava più o meno questo concetto: “Io mi sono fatto questo regalo – ossia, il libro, pensato e realizzato – Ora tocca a voi farmene uno: comprandolo!”.

Ebbene, se le vendite possono rappresentare un riscontro in termini di sinceri estimatori e premurosi amici, Trotta è davvero una persona ricchissima visto che le sole prenotazioni, cartacee e on line, sono state sufficienti per proiettare il suo No pasta no show – I miei quarant’anni di musica dal vivo in Italia (Mondadori Electa, 19.90€ alla cassa, formato 14×21 centimetri, 204 pagine, una trentina di immagini a colori e cartonato con sovracoperta per valorizzare il ritratto di Giovanni Gastel, anche in versione ebook) direttamente al primo posto delle classifiche nazionali di categoria.

La copertina del volume

Mica capperi! E, badate bene, tutto ciò solo in base ai presupposti e poche indiscrezioni, perfettamente calibrate. Senza neppure averne letto una riga. Un po’ come avviene con mesi e mesi di anticipo in occasione delle prevendite fiume degli artisti di punta della sua agend(in)a. Un fine stratega della comunicazione e della veicolazione, non c’è che dire.

Ma ora, carta canta. Nessun giochino e nessuna concessione sulla fiducia. O sulla gratitudine per aver portato in Italia valanghe e valanghe di artisti. Senza dimenticare le ‘non star’, i personaggi culto per i ‘pochi ma buoni’, voluti soprattutto per piacere personale. Suo e nostro.

Buona norma e decorosa etica, dunque, vorrebbero che la recensione di un libro, soprattutto in caso di bio/autobiografia, passi attraverso alcuni punti fermi e inderogabili: plausibile infarinatura sull’argomento, possesso materiale del volume in questione e, ovviamente, lettura completa e attenta del medesimo. Prendere o lasciare, non c’è via di fuga! Altrimenti, come accade purtroppo nell’80% dei casi, tanto vale incollare direttamente il comunicato stampa giunto dalla casa editrice (marchetta clamorosa e abitudine odiosa, ma enorme e indubbio vantaggio per il recensito…). Oppure limitarsi a una decina di righe striminzite per segnalare la pubblicazione del tomo più o meno voluminoso di turno, senza correre rischi ma anche senza prendere posizione. Del resto, oggidì si fa così anche per gli album, no?

Ebbene, per il punto uno vi rimandiamo alla presentazione in anteprima del progetto editoriale trottiano, mentre per i successivi punti due e tre basterebbe allegare uno scatto del volume cartaceo da noi già abbondantemente scalfito e maneggiato.

Quindi, veniamo finalmente al sodo: trattandosi di autobiografia, cosa sappiamo, in data odierna, in più su quest’uomo? Considerando anche che, essendo personaggio pubblico e soggetto dedito con grande facilità all’esternazione, è sempre stato sinceramente prodigo di elementi su se stesso e sulla sua attività? Ebbene, ne sappiamo parecchio, moooolto di più. L’agile ma non superficiale tometto, infatti, offre persino più di quanto promesso, senza nascondersi dietro al politichese e al ‘dico, non dico’. Non è certo roba per appassionati di gossip o di morbosità da stalker, intendiamoci, ma Trotta non si tira indietro quando c’è da fare nomi e da ricordare aneddoti, abbondando in fatti e circostanze. Anche delicati.

Claudio Trotta nel backstage con i Bon Jovi

E di lui in persona, cosa apprendiamo? Intanto che è meglio non mandarlo a Londra e lasciargli mano libera con il bicchiere (“Non bisogna mai andare in Germania, Paolo”, consigliava paterno il Sassaroli/Celi allo sventurato vedovello Paolo/Haber in Amici miei – Atto II…): ormai noto a Scotland Yard, la rocambolesca avventura da Monty Phyton in questione gli garantisce tuttavia ancora oggi il massimo e divertito rispetto da parte degli altri componenti dell’International Live Music Conference che lo hanno ritenuto, proprio per questo motivo, degno di una passerella personalizzata e di una citazione in perpetuum nei programmi dei congressi di categoria.

Non stupisce neppure che, oltre ai quattro nonni, anche e soprattutto la mamma, signora Luciana, fosse reduce da una felice carriera on stage con particolare propensione per il contorsionismo e il varietà al fianco di nomi illustrissimi con poliedriche doti d’eccellenza (e lei stessa meriterebbe un volume a parte). Fu proprio lei, prima sponsor e poi segretaria nei giorni dei duri avvii imprenditoriali targati Barley Arts (anche l’origine del nome è qui ben argomentato), a supportare quel giovane Claudio che, ancora pacioso e insospettabile marmittone, bluffava clamorosamente organizzando in divisa i tour di David Lindley, Van Morrison e Ry Cooder.

Proseguiamo, dunque, senza svelare troppo: altrimenti, il libro, che lo comprate a fare? Sarebbe come ‘spoilerare’ un film raccontando meticolosamente trama e finale…. Basti aggiungere che trattasi di pagine scritte con stile semplice ma non sempliciotto, capitoli costruiti seguendo il principio della cronologia ma anche articolati con periodici flashback, senza mai risolversi in un arido calendario di nomi, eventi e date. Neppure troppo agiografico, aggiungerei. Ricco di episodi e persino di autoironia.

Così, il Signor Bellezza (termine utilizzato abitualmente dal patron della B.A. sui social network per sottolineare in maniera concisa e senza troppe metafore il suo apprezzamento) ammette con candore di non saper “manco suonare il campanello” e di convivere “spesso con la sensazione di essere un tantinello ‘suonato’”, chiudendo il discorso e ribadendo di non saper “manco fischiare: eppure la musica è la mia vita, il palco la mia casa, il pubblico la mia famiglia”.

I Kiss assoldano Claudio Trotta

Da comparsa spaesata in Yuppi Du a promotore di cineforum alla Guidobaldo Maria Riccardelli di fantozziana memoria, ex cestista e mezzofondista, giornalista mancato, speaker da radio libera insonne e non retribuito (e, per giunta, caratterizzato da una singolare forma di balbuzie), organizzatore per vocazione, venditore di enciclopedie e attacchino dalle maniche perennemente arrotolate, persino spazzino volontario e factotum con l’eterna idiosincrasia per il ruolo di dipendente. Più che altro, secondo Renato Zero, un ‘eterno ragazzo’.

Ma anche un deadhead follemente innamorato di Grace Slick (conflitto di interessi, avrebbe segnalato Bill Graham…) e fiero sostenitore dei festival all’anglosassone (“I concerti dei singoli artisti sono una messa cantata – spiega – mentre il festival è una festa, una grande opportunità creativa ed economica”).

Otto lustri, dunque, di aneddoti, segreti, colpacci, errori, rimpianti e confidenze da parte del promoter e produttore di spettacoli live “indipendente” più noto a livello italiano. Uno cui è stato detto: “Tu vorresti essere promoter, artista e pubblico”. Uno e trino: insonne, sognatore e spericolato questo milanese classe 1957, già ventenne al di fuori dagli estremismi politici e quasi demodè (“Portavo i capelli corti, indossavo il loden e giravo con una ventiquattrore marrone”), mentre oggi, ormai 60enne, porta sempre “i capelli lunghi, non uso un cappotto da secoli, vado in giro con uno zainetto e scarp de tennis”.

Trotta discute pacatamente con l’elegante Buster Bloodvessel dei Bad Manners

Il tutto districandosi a destra e a manca con il suo swing. “Swing è il modo in cui si acquisisce un artista – spiega – E swing il percorso che si sceglie per alimentarne il talento. È swing la routine, il tempismo nelle azioni che si compiono nella comunicazione quotidiana con il microcosmo che gira intorno a un artista. Ed è swing, ahimè, la leggerezza con cui a volte gli stessi artisti, per qualche euro o dollaro in più, dimenticano quello che hai fatto con e per loro”.

E, ancora, il ricordo della severa chioccia Franco Mamone che, in un modo o nell’altro, gli avrebbe lasciato quasi in eredità l’amicone Bruce Springsteen (cui è dedicato un intero e gustoso capitolo di ben 28 pagine e nel quale sta forse l’unico granchietto preso dal ‘barelliere’ Claudio nel libro: a voi il compito di scoprirlo, se ci riuscite…), l’ultimo tour di Frank Zappa (“esempio di integrità artistica e imprenditoriale, alla pari di Bruce”), uno Stevie Wonder rimasto letteralmente in mutande, la grande stima personale per i metallari, gli incontrollabili Guns N’Roses e persino un Bob Dylan bloccato dalla sua stessa security.

Ma anche le delusioni personali e frequenti puntate nell’universo artistico tricolore tra i suoi beniamini. E poi, tra un viaggio e una cena, tra una battuta di pesca con la mosca e un tentativo di trasformarsi in discografico, anche le beghe legali per disturbo della quiete pubblica (sempre Bruce e i noti 22’…) e la più recente battaglia personale contro il morbo del secondary ticketing.

Chiudono il volume, in zona Appendice, oltre alle 10 buone ragioni per andare o non andare a un concerto, le personalissime top ten di Trotta (I dieci concerti indimenticabili, I dieci flop e I dieci best seller organizzativi), nonché la colonna sonora ideale da affiancare alla lettura di queste pagine. Ma anche questi, ovviamente, scopriteli da soli….

Il tour promozionale per lanciare No pasta no show prenderà il via alle 18.30 di mercoledì 18 ottobre a laFeltrinelli di piazza Piemonte a Milano in compagnia di vecchi amici come Massimo Cotto, Giuseppe Battiston, Fabio Treves, Elio, Saturnino e dell’illusionista matematico Vanni De Luca con la Woody Gipsy Band a tessere il sottofondo sonore per le letture e i dialoghi prima del brindisi finale. Faranno seguito altre tappe della carovana trottiana (Roma, Bologna, Firenze, Genova, Torino, Padova, Bergamo, Brescia, Bologna, Verona, Conegliano, Matera e Bari), aperte da quella di venerdì 20 ottobre a laFeltrinelli di piazza dei Martiri a Napoli (ospiti Federico Vacalebre, Giorgio Verdelli, Battiston, Nicola Lino, Alfonso Troiano, Gennaro Porcelli e Dario Sansone). Altre ancora se ne aggiungeranno nel corso delle prossime settimane.

Niente male per un ragazzo che, in realtà, fin dal principio voleva “solo organizzare un concerto dei Grateful Dead…”.

Vogliate gradire!

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