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Musica e sogni, mai come nel periodo natalizio si ripensa all’anno passato e a quello che ci ha portato in termini di musica e nuovi incontri, quanto della capacità di sognare ci è stata restituita.
Ci si rattrista a volte vedendo casualmente delle brutte, bruttissime trasmissioni come quella di ieri sera su Rai Uno, un comico che non credo possa far ridere se si è dotati di un sufficientemente raffinato sense of humour e una passerella di cantanti e altro, il tutto in salsa Friends & Partners, con marchettone dedicato a Salzano, il patron di questo massacro della musica e della sua capacità di migliorare il mondo che domina l’Italia.
Vedere un cantante come Zucchero mi rattrista, vedere quegli occhi spenti, ripetere i numeri che ha fatto, un milione due milioni di occhi quattro milioni, ventiseimila date all’Arena di Verona, poi passaggio musicale mixato come se la musica fosse una lontana eco di qualcosa di importante ma ora è una sorta di scocciatura.
No, non riguarda personalmente Zucchero, che ritengo uno dei pochi capaci di creare musica che può avere un respiro internazionale, anche grazie ai produttori assoldati, gentge del calibro di Don Was e T-Bone Burnett, solo che tutti i nostri artisti, quando arrivano al top della loro storia, diventano incapaci di comunicare magia, volontà di sogno, di crederci malgrado le condizioni difficili, malgrado non si vendano più dischi e via discorrendo.
Succede quando li si vede fare dei playback insipidi come un brodino annacquato, quegli occhi spenti, quelle movenze rallentate, quei cliché ripetuti e comodi solo per pseudo-giornalisti e pessimi uffici stampa.
Scrivo tutto questo per amore della musica, di quello che mi ha salvato la vita e continua a farlo ogni giorno, sempre di più.
Credo sarebbe ora di prendersi le proprie responsabilità, sicuramente il lavorio sotterraneo di agenti come quello sopracitato ha ridotto la musica a un accessorio, come una nuova app per lo smartphone, a colpi di numeri, solo quelli contano.
Chi prova a ribellarsi, a inseguire la qualità, la Bellezza, sì, sto pensando a Claudio Trotta di Barley Arts, viene liquidato come una specie di isterica Cassandra che urla al vento.
Claudio avrà per sempre la mia ammirazione e stima, è l’unico che abbia portato il grandissimo Dwight Yoakam in Italia, primo perché è l’unico che ascolta ancora musica e lo fa per davvero, questo gli ha permesso di organizzare Sonoria https://it.wikipedia.org/wiki/Sonoria_festival,
leggete il cast e capirete perché oggi continua a fare il suo mestiere e a dire le cose che dice, chiaramente, come l’altra sera a Francavilla al Mare, quando, direttamente, lui che organizza concerti, ha detto che i biglietti dei concerti costano troppo ed è ora di ribellarsi.
Non come quando si contestavano le duemila lire per il biglietto di David Bromberg.
Ah, non sapete chi è David Bromberg.
Beh, mi dispiace per voi.
A questo punto potremmo fare una scommessa: secondo voi Trotta ha ascoltato Zephaniah Ohora o lo farà mentre Salzano continuerà a ascoltare vecchi tromboni? Che ne dite?
Scrivo tutto questo per il mio dovere di parlare chiaramente, me lo ha chiesto Santa Claus e io do’ retta a Babbo Natale.
Ora, l’idea è che io debba continuare a rivolgermi al mercato statunitense per avere la possibilità di ascoltare dei suoni straordinari e una produzione degna dei migliori dischi degli outlaws del country?
Mi rispondo da solo, c’è questo disco nuovo che si chiama “This Highway” ed è il mio personale disco del 2017.
Mi ha ricordato quella stagione straordinaria della musica che ha visto l’uscita di gente del calibro di Steve Earle e appunto Dwight Yoakam, gente che ha infiammato le mie estati adolescenziali di venticinque anni fa restituendomi il gusto di ascoltare canzoni di tre accordi confezionate ad arte, allo stesso tempo classiche, piene di riferimenti “alti” da Townes Van Zandt fino a Buck Owens, ora, il cantautore che ha pubblicato questo splendido e croccante disco si chiama Zephaniah OHora ed è un cantautore che vive a New York, innamorato della grande musica country americana, e si sente, sono convinto che se c’è in Italia uno che lo puo’ far suonare è Claudio Trotta.
Il disco si avvale di una produzione splendida da parte di Jim Campilongo e Luca Benedetti.
Campilongo è un maestro della chitarra già membro dei Little Willies di Norah Jones, è un eccellente domatore di Fender Telecaster, con un modello dell gloriosa chitarra a suo nome.
Luca Benedetti è un chitarrista che invece di lamentarsi della scena italiana, si è spostato ove la musica che fa sognare e migliora il mondo la fanno ancora ed ora è un acclamato musicista e produttore.
Il disco che hanno prodotto insieme fa volare alti sopra alle marchette dei nostri pseudomusicisti, ogni tassello, a partire dal suono amici e amiche, prima quello poi il resto, funziona alla grande, c’è spazio per arpeggi celestiali di chitarra, lap steel che sognano, basso e batteria che lavorano il groove e Zephaniah con la sua voce splendida, racconta storie antiche e moderne.
Semplice no? Basta scordarsi i marchettoni che riducono la musica a numeri e ripartire dalla capacità di sogno a prescindere dai numeri.
Dovere di chi lavora nel settore musicale è quello di conoscere ciò che vogliono vendere, la conoscenza passa attraverso l’ascolto.
Cari Salzano & Partners, dovete ricominciare ad ascoltare la musica, a prescindere dai numeri, lo avete capito sì o no?
Ora finisco di scrivere la letterina a Babbo Natale, chiedendo che Claudio Trotta ci porti Zepheniah Ohora in Italia.
Che ne dite?