In Giamaica sulle orme di Bob Marley

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Bob Marley

Andare in Giamaica senza vedere la casa natale di Bob Marley è un po’ come andare a Roma e non vedere il Colosseo. Come tutti sanno, Nesta Robert Marley nacque nelle prime ore del mattino del 6 febbraio 1945 in una modestissima capanna abusiva fatta di legno, malta e pietra e col tetto di lamiera in un minuscolo villaggio chiamato Nine Mile: fa parte della parrocchia di St. Ann ed è nel cuore dei Cockpit, un altopiano calcareo in cui si sono sviluppate formazioni carsiche che creano paesaggi spettacolari. Infatti il viaggio che si fa per arrivarci (circa un’ora e mezzo partendo da Ocho Rios) offre viste stupende, anche se la strada a un certo punto diventa impervia ed è piena di buche. Oltretutto lungo il percorso si ha la possibilità di vedere uno scorcio di Giamaica “vera”, con la gente indaffarata a coltivare i campi o che sta lì ai bordi della via ad aspettare chissà che. Appena esci dal resort, noti che in giro c’è parecchia povertà. Però devo dire che l’impatto non è negativo: tutti mi avevano detto che la gente è così incazzata che manda a quel paese i turisti bianchi. Per quanto riguarda la mia piccola esperienza, devo dire che nessuno lo ha fatto. Anzi, parecchie persone facevano “ciao ciao” con la mano.

Una volta arrivato a destinazione, capisci subito che il Bob Marley Mausoleum voluto e gestito dalla Bob Marley Foundation in realtà è un’americanata: rasta all’ingresso che si offrono per farti da guida, bar e negozi, filmati, musica reggae a tutto volume, ragazzi che ti offrono joint giganteschi per pochi dollari: fate attenzione, perché nel perimetro del museo la ganja è tollerata, ma in realtà è illegale e potreste rischiare guai seri. Altra cosa importante da sapere è che quella che ti mostrano come casa natale del Re del reggae in realtà è una ricostruzione, tra l’altro nemmeno fedelissima: la casupola originale fu distrutta tanto tempo fa da un uragano, così ne hanno ricostruita un’altra sullo stesso posto. Invece sono originali il letto (è quello citato nella canzone Is this love) e il cosiddetto “rock pillow”, cioè la pietra dipinta con i classici colori rasta (rosso, verde e giallo), dove Bob si sedeva a suonare la chitarra e a volte appoggiava la testa in cerca di ispirazione.

Il suo corpo riposa assieme alla sua chitarra in un maestoso mausoleo di marmo situato all’interno di una piccolissima chiesa costruita in stile etiopico. In un’altra chiesetta lì a fianco è seppellita sua madre Cedella. La guida che accompagna il gruppo di cui faccio parte ripete diverse volte che entrambi i mausolei sono di marmo italiano, e a un certo punto cita il mitico concerto di San Siro del 27 giugno 1980. Quando gli dico che io ero presente a quel concerto, mi abbraccia come se fossi un vecchio amico

tour_img-256767-90Dicevo prima che il Bob Marley Mausoleum è un’americanata. Eppure secondo me vale la pena visitarlo per diverse ragioni. Prima di tutto perché comunque entrandoci qualche emozione la provi. E poi perché la Fondazione che lo gestisce utilizza parte degli incassi per fare opere di bene, tipo aprire scuole e aiutare gente bisognosa… In ogni caso sappiate che raggiungere Nine Mile non è semplice. Potete aggregarvi al tour Zion Bus Line: costa 104 dollari Usa, vi vengono a prendere in hotel e vi ci riportano, durante il viaggio vi offrono qualcosa da bere e nel prezzo è incluso il biglietto d’ingresso al museo (per di più senza dover fare la coda, che a volte è piuttosto lunga). Il tutto dura circa 5 ore. Come alternativa, potete organizzarvi da soli affittando un’auto con conducente che fa anche da guida.

Massimo Poggini è un giornalista musicale di lungo corso: nella seconda metà degli anni ’70 scriveva su Ciao 2001. Poi, dopo aver collaborato con diversi quotidiani e periodici, ha lavorato per 28 anni a Max, intervistando tutti i più importanti musicisti italiani e numerose star internazionali. Ha scritto i best seller Vasco Rossi, una vita spericolata e Liga. La biografia; oltre a I nostri anni senza fiato (biografia ufficiale dei Pooh), Questa sera rock’n’roll (con Maurizio Solieri), Notti piene di stelle (con Fausto Leali) e Testa di basso (con Saturnino) e "Lorenzo. Il cielo sopra gli stadi", "Massimo Riva vive!", scritto con Claudia Riva, "70 volte Vasco", scritto con Marco Pagliettini, e "Lucio Dalla. Immagini e racconti di una vita profonda come il mare".

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