Ry Cooder come Stanley Kubrick!

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Ry Cooder è un ricercatore sonoro, un raffinato visionario/pratico che ha messo a disposizione del mondo della musica un nuovo alfabeto sonoro, fatto di chitarra slide e composizioni originali create ai massimi livelli dell’architettura sonora.

I suoi dischi sono simili ai films di Stanley Kubrick: sempre personalissimi ma sparsi nei vari generi, così come Kubrick ci ha terrorizzato con “The Shining” e ammaliato con la fantascienza di “2001 Odissea nello Spazio”, ecco che Cooder, nel tempo, si è occupato col cuore di roots music legata a doppio filo al mondo della musica popolare americana con i grandi dischi come “Into The Purple Valley”

o “Chicken Skin Music”

ma anche le raffinate rivisitazioni del jazz Classico di “Jazz” appunto

o la colonna sonora psicologicamente profonda di “Paris Texas”.

Ry Cooder se ne è sempre fregato bellamente del mercato anche se si è tolto lo sfizio di incidere, lui, purista e ricercatore, il primo disco “digitale” della storia, quel capolavoro di “Bop Til You Drop” ed è arrivato a teorizzare come cura per la poca sapidità dei dischi di questo ultimo ventennio una cover di Elvis o Johnny Cash quasi in ogni disco.

Lo ha fatto con una “All Shook Up” stellare, quasi riscritta da capo a piedi.

Ora torna, in questo difficile 2018, con un disco che oserei definire perfetto.

Tempistica, concept, colori del disco senza difetti.

Ci sono tre composizioni originali di Cooder molto brillanti e una scelta esperto appassionato di grande musica che sono una delizia per le nostre orecchie affaticate da tanta musica troppo leggera.

Qui andiamo dai Pilgrim Travelers a The Stanley Brothers al riferimento cooderiano di  Blind Willie Johnson pero’ tutto si amalgama come quando la ricetta è cucinata da un vero cultore.

E’ un disco con dei suoni straordinari e colpisce per la profondità della resa sonora ma anche per la voce bellissima del nostro oltre che per la scelta di sfumature mai banali, che pongono Ry in un settore tutto suo, ove c’è un unico contendente.

Ricordatevi che qui abbiamo uno che ha insegnato a suonare in accordatura aperta a Keith Richards, spiegandogli come aggirare l’ostacolo apparentemente insormontabile del modo minore.

Uno che ha re-inventato in qualche modo il concetto stesso di World Music.

Lui!

 

p.s. come al solito ti viene da pensare a come sarebbe ascoltare un disco di Bruce Springsteen prodotto dal mago dei suoni Ry…

 

 

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