Aca Seca Trio
Trino (Sud/Egea)
Voto: 8/9

Lo hanno detto più volte durante il recente tour italiano di presentazione del loro sesto album Trino, “noi non facciamo tango”, eppure il trio Aca Seca si è affermato da diverso tempo – festeggiano quest’anno il ventennale dalla fondazione, anche se hanno inciso relativamente poco – come uno dei punti di riferimento del sound più caratteristico e insieme più innovativo proveniente dall’Argentina.
In effetti il folklore cui fanno rifemento il frontman e chitarrista Juan Quintero, il raffinato pianista Andrés Beeuwsaert e il formidabile percussionista Mariano “Tiki” Cantero è quello del nord del grande Paese. In particolare i tre, che sono anche ottimi vocalisti (come dimostra il conclusivo “A Mi Patron”, praticamente a cappella, e un po’ tutto l’album), si lasciano trascinare dai ritmi picareschi della chacarera, un ballo nato per il corteggiamento, così come da quelli più malinconici nati sulle rive del fiume Paranà e ripresi dal lirico Sebastián Macchi, di cui rileggono due composizioni, oppure del Rio de la Plata, come la magnifica “Ir Yendo” del virtuoso chitarrista Edgardo Cardozo dei Puente Celeste.
Non solo. Gli Aca Seca non si fermano e arrivano a superare i confini con l’Uruguay proponendo l’emozionante “Formas” del “monumento nazionale” Hugo Fattoruso, non sono immuni da influenze andine, come ci dice la bella “Paseo”, e non disdegnano la canzone popolare castigliana: riuscitissima la versione voci, corde e percussioni della tradizionale “La Cigueña”. E inoltre omaggiano un grandissimo della scena di Santa Fe come Jorge Fandermole (la sua “Puerto Pirata” del 1988 è una galoppata in riva al mare, spumeggiante e lieve nonostante le parole cupe) e propongono un insinuante “Hadas”, rasserenante strumentale di Beeuwsaert.
Il risultato (che ha il solo difetto di volarsene via troppo in fretta: 9 brani per soli 33 minuti e mezzo) arricchisce le canzoni d’autore di ispirazione tradizionale del raffinatissimo repertorio di lievi sapori jazz, pop, contemporary, bossa, senza mai stravolgerne il percorso, ma liberandone la comunicativa in chiave attualissima e intelligente. Una sorta di world music cameristica del XXI secolo, in cui le belle voci giocano un ruolo importante, ma cui profondità armonica, vitalità ritmica e chiarezza formale offrono una liricità espressiva emozionante, bella da far tremare il cuore.

Che dire? Basta citare la cura di oltre 250 cd compilation di new age, jazz, world e quant’altro? Bastano una ventina d’anni di direzione artistica dell’Etnofestival di San Marino? Bastano i dieci come direttore responsabile di Jazz Magazine, Acid Jazz, New Age Music & New Sounds, Etnica & World Music? Oppure, e magari meglio, è sufficiente informare che sono simpatico, tollerante, intelligente... Con quella punta di modestia, che non guasta mai.

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