Siberia. Giovane canzone d’autore

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Prosegue il tour dei Siberia, la giovane band livornese capitanata da Eugenio Sournia, che ha fatto il suo ingresso nel mercato discografico nel 2016 con In un sogno è la mia patria e ora al secondo album in studio: Si vuole scappare. Prossimo appuntamento dal vivo, il 26 luglio all’India Estate di Roma.

Come nascono i Siberia?
Nasciamo da un’amicizia. Un gruppo di adolescenti che si mettono insieme per fare musica. Ed eccoci qui.

Lavorate insieme alla stesura dei pezzi?
Sì, io mi occupo dei testi, ma non sono mai eccessivamente incisivo, perché voglio che tutti i ragazzi mettano mano alle canzoni. Non aspetto necessariamente l’ispirazione: mi metto al tavolino e, con penna e foglio di carta, inizio a scrivere. Come una specie di brainstorming. Poi le parole, i temi e i testi vengono da sé. Non scrivo moltissime canzoni, comunque.

E la musica? Chitarra o piano?
Il primo disco chitarra, il secondo piano.

Torniamo ai Siberia: come nasce il nome?
Lo spunto arriva da Educazione siberiana di Nicolai Lilin. Ma soprattutto ci piaceva il suono della parola: sono un esteta in questo.

Ci possiamo ricollegare anche al tatuaggio che vediamo spuntare dalla maglietta, sul petto?
E non è che il più evidente! Ne ho parecchi disseminati qua e là. Strano, vero? Ho un’immagine molto seria: ho frequentato il Classico e ora sto studiando Giurisprudenza. Eppure amo i tatuaggi: mi servono a ricordarmi le cose che imprimo sulla mia pelle.

Come descriveresti Si vuole scappare rispetto a In un sogno è la mia patria?
Più esplicito. Il primo album era più criptico, con termini volutamente molto raffinati ed elevati. Ora abbiamo voluto essere molto più diretti, senza filtri. O bianchi o neri: o veniamo accettati, o rifiutati. Ma senza mediazioni, senza barriere.

Quanto al titolo del disco?
La mia generazione, quella dei 25enni, è caratterizzata da un grande desiderio di fuga: dall’età adulta, dalla maturità, come se vivessimo in un’eterna adolescenza (che è infatti uno degli argomenti del disco). E lo stesso vedo che si verifica anche con la musica, sempre più distante dal “mondo reale”, per rifugiarsi in un universo parallelo, immaginario. Si parla meno di realtà, concretezza per abbracciare un mondo onirico o estremamente individualista.

E voi da che parte vi classificate?
In mezzo, spero.

Un autore a cui ti senti vicino?
Giovanni Lindo Ferretti.

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