Terramadre: dalla Madre Emilia al palco, in nome dell’amicizia

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Quando si parla di Emilia sono sempre poco obiettiva, a causa del mio grande amore nei confronti di questa terra. Ma questo amore è più che giustificato dalla bellezza che possiamo ritrovarci: dalla cucina all’arte, nulla riesce a lasciare indifferenti. E parlando di arte e, nel nostro caso, di musica, c’è una band, Terramadre, che del legame con le proprie radici ha fatto la sua forza e costante punto di riferimento. Un progetto nato da Dimitri Costa (voce), Tommaso Galvani (tastiere) e Paolo Signifredi (basso) e che vede all’attivo collaborazioni come  Roberto Gualdi (PFM, Vecchioni, Lucio Dalla), Luca Colombo (Ramazzotti, Bertè, Mango),  Niccolò Bossini, Emiliano Vernizzi (Ligabue, Enrico Ruggeri, Gianluca Grignani, Mario Biondi, …), Fabio Ferraboschi (I Rio, Cristiano De André, Mora&Bronski),  Giordano Gambogi (Ladri di biciclette, Notre-Dame de Paris di Cocciante, Nomadi, Mario Biondi, …), Giovanni Marani (Ligabue, Mario Biondi), Lucio Boiardi Serri (Mietta, fonico studio di Ligabue, Vasco Rossi) e altri ancora.  Dopo aver pubblicato il loro primo disco (che porta il nome della band), il gruppo continua da mesi a portare in giro per l’Italia il loro sound che definiscono “rock italiano” (e l’aggettivo “italiano” è fondamentale).

Abbiamo deciso di farci raccontare dal tastierista della band, Tommaso Galvani, cosa significa per loro suonare e come è nata l’idea Terramadre.

Com’è nato il vostro progetto?

Semplicemente, è stato per una sorta di vicissitudini che vanno indietro ormai a 15 anni fa, dove ci siamo trovati io e Dimitri (il cantante) per lavorare insieme.  Suono pianoforte dall’età di 9 anni e suonavo in gruppetti della zona parmense. Dimitri ha una decina di anni più di me e già suonava anche lui, quindi era un po’ più navigato come esperienza di gruppi e robe del genere. Ci siamo avvicinati per fare una tribute band, tra l’altro. All’epoca le tribute band non erano fiorenti come adesso, ormai esistono tribute band per tutto. All’epoca erano davvero poche e c’era anche un certo tipo di aspettativa su questo progetto. Ci siamo trovati a far le prove e poi ci siamo guardati negli occhi e abbiamo detto “No”, perché eravamo già stanchi di fare la copia di qualcun altro. A distanza di 12 anni da allora ci siamo ritrovati. Io avevo un po’ accantonato la musica, Dimitri anche. Ci siamo ritrovati nell’estate 2013, ormai 5 anni fa, con l’idea di fare qualcosa insieme. Terramadre era già in essere, nel senso che Dimitri e altri ragazzi avevano già iniziato a fare qualcosa di lavoro in studio. Da lì è partito tutto. Terramadre è in viaggio e il disco è il nostro inizio, l’inizio di un percorso.

Hai concentrato molto in pochi anni.

Io e Dimitri siamo un po’ uno lo specchio dell’altro. Paolo è un personaggio completamente a parte, e fa un pò da bilancia. Io e Dimitri siamo davvero molto simili caratterialmente, e funziona proprio per questo, anche se è strano, avendo entrambi 2 caratteri molto difficili.

Come mai avete scelto questo nome, Terramadre?

Intanto perché siamo tutti molto legati alle nostre terre, alla natura e al nostro territorio. Qui in zona emiliana bene o male siamo pieni di agricoltori. Amiamo la terra e la natura in generale. Per esempio, il nome Dimitri significa “madre terra”, dovrebbe derivare dal greco. Questo nome l’ha trovato Giordano Gambogi, un nostro collaboratore, dal quale Dimitri andava a lezione. E un giorno gli ha chiesto ” Che nome daresti a un progetto mio?” e rispose “Terramadre”. Dietro ovviamente c’è anche tutto il mondo di cui ti dicevo prima.

L’Emilia artisticamente è una terra molto ricca. Questo ha influito sul vostro lavoro e sulla vostra ispirazione? 

C’è un’influenza sicuramente. Chi sente richiami a Bertoli, chi a Ligabue, chi agli Stadio, tutto  questo ha permeato nelle nostre coscienze, quest’aria qua c’è per tutti. Non è voluto e nemmeno non è voluto. Facciamo rock italiano, e i 2 rocker italiani, Vasco e Ligabue, sono qua di fianco casa nostra. Ovviamente non vogliamo copiare o prendere il sound di uno o dell’altro, ma un po’ per vicinanza di posti, un po’ per vicinanza di genere è chiaro che qualcosa risuona.

Parlando proprio di ispirazione, in riferimento alla scrittura dei testi, cosa ti o vi influenza? 

Questa è una domanda abbastanza variegata, così come la risposta. Ci sono diversi autori che hanno scritto e con cui abbiamo collaborato per comporre il disco. Ci sono 5 o 6 autori, noi compresi (che che abbiamo lavorato a 2 brani del disco). Quindi ci sono diversi punti di vista e questa cosa qua è stata voluta. Crediamo che un unico punto di vista possa diventare monotono, magari non subito. O meglio, più che monotono, limitato, perché è sempre e comunque solo il tuo punto di vista. Puoi raccontare tante cose, il tuo punto di vista può variare ma resta abbastanza centrato. In questo modo ci sono tanti punti di vista con caratteristiche diverse, passati diversi, sensazioni diverse. Volevamo interfacciarci con diverse realtà e raccontare qualcosa insieme a loro.

Se tu dovessi definire il vostro sound, il vostro genere, quale sarebbe?

Allora, non è prettamente pop. A me piace il pop italiano anni ’90, ma il nostro disco non è pop. C’è una vena di rock, che appartiene più a me che agli altri. Dimitri ha una vena più folk. Ovviamente ti parlo sempre di rock italiano, che non ha nulla a che vedere con quello americano. Io lo specifico sempre che mi riferisco al rock italiano, perché per alcuni il rock è solo quello degli Ac/Dc, per dire, fatto in America. Io quando definisco il nostro progetto parlo di rock italiano alternativo, alternativo perché non segue i segue i canoni del rock italiano.

Prima accennavi al fatto che per un po’ ti sei allontanato dalla musica.

Allontanato nel senso che non ero più in pubblica piazza, mettiamola così. Ho continuato a lavorare e a studiare. Lavoravo insieme ad un amico per creare studi di registrazione, abbiamo girato un po’ di studi in Italia. Il tutto è successo per una sorta di delusione. Ho lavorato ad un disco insieme a Gigi Cavalli Cocchi, avevo 21 anni, studiavo al Cpm. Il disco era un bel prodotto, ma è andato praticamente nel nulla. All’epoca c’erano dei contatti con uno dei boss della Warner, a cui piaceva il progetto. Solo che era già partito tutto il mondo dei talent e non avevano più budget da investire. Nessuno di noi era in grado di gestire una promozione indipendente, e nessuno di noi ci aveva pensato. Gigi ha dato il suo apporto, ma non è il suo lavoro, non è un produttore. Ma il motivo principale fu aver fatto il disco con Gigi e altri professionisti delle nostre parti, e poi ritrovarsi con nulla. E mi sono convinto che, se un giorno fossi tornato a far musica, doveva essere per qualcosa in cui credevo fortemente. E l’ho trovato in Terramadre, forte di una cosa che a 20 anni non avevo: l’imprenditorialità.

A cosa ti riferisci in particolare?

Io sono ingegnere informatico libero professionista e ho studiato tutta la branca dell’elettronica e delle energie rinnovabili. Ho sempre portato avanti le due strade., per questo sono rimasto molto scottato da quell’esperienza. Non ho finito il conservatorio a Parma e ho preferito proseguire gli studi al Cpm di Milano, dove ho studiato tutta la part del blues, del jazz e del rock , che era ciò che volevo.

Come si portano insieme due strade così diverse?

Ci vuole molta organizzazione mentale. La razionalità ci ha portato, sia a me che a Dimitri che a Paolo, ad avere aperte altre strade nella vita. Dimitri è un geometra e Paolo lavora in una multinazionale. Il motivo per cui cercheremo di andare avanti è innanzitutto la musica, perché è una grande passione, però abbiamo capito che per farla da indipendenti come siamo noi, ci volevano delle basi importanti di imprenditoria. Una serie di competenze importanti anche per la gestione del bilancio dell’attività. Bisogna avere una visione a 360 gradi. La parte difficile è quella, la parte musicale è facile oggi.

Prima accennavi ai talent. Che idea ti sei fatto?

Dovevano dare visibilità a degli artisti. Qualcuno che ha talento e vuole lavorarci, portando avanti un certo tipo di progetto. Questo per me è un artista. Di personaggi e voci particolari ce ne sono tanti.

 

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