Jonathan Wilson. L’incanto della musica vera

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Jonathan Wilson

Uno dei più abusati luoghi comuni che capita di leggere in quello sconfinato bar virtuale che è diventato Facebook è che non c’è più buona musica. Falso. In realtà ce n’è ancora parecchia. Il fatto è che siamo diventati pigri e non andiamo più a cercarla, accontentandoci di quel che passa il convento (radio, tv, Spotify, YouTube…). Ma basta essere un po’ curiosi e allontanarsi soltanto un po’ dai sentieri più battuti, ed ecco che il “miracolo” della buona musica, quella – come si diceva una volta – capace di regalare “good vibrations”, si compie. Certo, magari non riempie gli stadi, e nemmeno i palasport. Ma c’è.
Prendiamo ad esempio Jonathan Wilson, che ieri sera ha suonato al Santeria Music Club di Milano davanti ad alcune centinaia di persone entusiaste. Beh, uno come lui il cosiddetto “grande pubblico” non sa nemmeno chi è. Ed è un peccato, perché è un musicista con le palle, uno di quelli che sanno trasmettere emozioni forti.
Per due ore abbondanti, Jonathan Wilson e la sua band suonano grande musica (tutti brani suoi, a parte una delicata cover di Angel dei Fleertwood Mac). Wilson è un polistrumentista davvero eclettico, passa dalle power ballad al prog rock, dal country folk in perfetto stile Laurel Canyon a quel tipo di psichedelia capace di mandarti in trance. Ci sono echi di Pink Floyd, di Nick Cave, del Neil Young più cantautorale e di quello più sperimentale.
Il suo look e quello dei cinque musicisti che lo accompagnano (una menzione d’onore per il tastierista) è da rockettari anni Settanta: capelli lunghi, t-shirt psichedeliche, camicie a fiori, il batterista arriva in scena con i pantaloncini corti. Jonathan passa con disinvoltura dalla chitarra acustica alle percussioni, dal piano elettrico a una drum machine della Roland. Poi c’è l’inseparabile Fender bianca: è talmente ammaccata, che quando la vedi pensi che da quel vecchio catorcio è impossibile tirare fuori qualcosa di decente. Invece suona che è una meraviglia, e nelle sue mani è meglio di una bacchetta magica. Mica è un caso se Roger Waters lo ha voluto per suonare la chitarra nel suo ultimo album. E che sempre con Waters è andato in tour “sostituendo” il mitico David Gilmour senza farlo rimpiangere.
Insomma, avete capito che non sto mica parlando di uno qualsiasi. E se il grande pubblico non lo conosce e preferisce quelli della trap o del pop radiofonico, cavoli suoi. Qui siamo su un altro piano. Quella che propone Jonathan Wilson è “roba buona”, musica che magari non ascolti alla radio o su Spotify. Ma chi se ne frega, l’importante è sapere che ancora c’è chi ha voglia di suonarla e che c’è qualcuno che ha voglia di ascoltarla. In un club. Il posto migliore dove ascoltare musica vera.
Jonathan Wilson

Massimo Poggini è un giornalista musicale di lungo corso: nella seconda metà degli anni ’70 scriveva su Ciao 2001. Poi, dopo aver collaborato con diversi quotidiani e periodici, ha lavorato per 28 anni a Max, intervistando tutti i più importanti musicisti italiani e numerose star internazionali. Ha scritto i best seller Vasco Rossi, una vita spericolata e Liga. La biografia; oltre a I nostri anni senza fiato (biografia ufficiale dei Pooh), Questa sera rock’n’roll (con Maurizio Solieri), Notti piene di stelle (con Fausto Leali) e Testa di basso (con Saturnino) e "Lorenzo. Il cielo sopra gli stadi", "Massimo Riva vive!", scritto con Claudia Riva, "70 volte Vasco", scritto con Marco Pagliettini, e "Lucio Dalla. Immagini e racconti di una vita profonda come il mare".

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