I 20 anni di Radiofreccia

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Ligabue Radiofreccia

Ci sono progetti nati sotto una stella particolare, e che sono destinati a restare nel tempo, ad entrare nell’immaginario di molti, come un porto sicuro, una certezza. Questo direi che può essere detto a proposito di Radiofreccia, il primo film di Luciano Ligabue. Un’avventura, un rischio che arriva nel bel mezzo di una carriera ormai più che avviata, un disco come Buon compleanno, Elvis, San Siro…Tutto praticamente perfetto. Ma perchè farselo bastare? Perchè non mettere in pratica la passione e gli anni da cinefilo raccontando una storia praticamente già scritta nei racconti di Fuori e dentro il borgo?  A scatenare le varie domande nella testa del Liga è l’amico e produttore a capo di Fandango, Domenico Procacci (che produrrà anche i 2 film successivi), che scrive una lettera che non lascia molto scampo a Luciano: <<Insomma, per fartela breve mi piacerebbe incontrarti per vedere se questo “film da fare” di cui parlo è possibile immaginarlo e costruirlo insieme>> scrive Procacci << per parlare del come e se si potrebbe scrivere il bar mario e farne un film, per capire, alla fine, se ci sono delle sintonie che fanno sì che certe persone si trovino e facciano delle cose insieme, magari belle>>. Le cose belle di cui parla Procacci non solo daranno vita a Radiofreccia, che uscirà nelle sale italiane il 16 ottobre 1998, porteranno anche un David di Donatello, due Nastri d’argento, un Globo d’oro, due Ciak d’oro tutti a Ligabue per regia e colonna sonora. Il film è entrato nell’archivio cinematografico permanente del MoMa, il famoso museo d’Arte Moderna di New York. Un successo inimmaginabile per Luciano, alla prese con la sua opera prima da regista, che curerà tutti i dettagli, dal cast alla colonna sonora, composta sostanzialmente da brani scelti da Luciano stesso e altri composti da lui ex novo, su tutti Ho perso le parole (che chiude il film con la bellissima scena di Stefano Acccorsi/ Freccia che fuma una sigaretta, ripreso di spalle, fra due macchine che bruciano).

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Ciò che Luciano ha raccontato più volte nel corso del tempo è che Radiofreccia  << non è un film sugli anni ’70. Non parla a nome di  nessuno, non racconta nessuna generazione. E’ un film su quella storia lì, in quel contesto lì. E perchè il contesto fosse forte come la storia e i personaggi, ho deciso di far sentire in continuazione la terra, il suolo. (…) Un richiamo continuo al posto del racconto , perchè lo spettatore capisca senz’altro dove siamo: non è Roma, non è Milano, è Correggio.>>

E l’intento di Luciano è stato realizzato in pieno, raccontando con lo sguardo di chi ci ha vissuto e ci vive la provincia, la sua, la sua gente, i suoi angoli, i sogni, le delusioni e le speranze. Radiofreccia è ambientato negli anni ’70, sì, parla di un contesto ben specifico ma tutto questo supera i confini spazio temporali. La particolarità di questo film, fra le altre, è proprio il riuscire, partendo da un contesto così peculiare e particolareggiato, ad essere trasversale, a portare alla luce sentimenti senza tempo come l’amore e l’amicizia, la storia di Freccia e dei suoi amici che potrebbero essere i nostri. Le radio libere, la droga, sono parte di una storia ma non sono la storia, non tutta. Radiofreccia racconta talmente tante cose che è difficile anche scovarle tutte, va rivisto più volte per cogliere qualcosa che prima era sfuggito, come spesso accade soprattutto con i film.

Ciò che più viene citato di Radiofreccia è il “Credo” del protagonista, interpretato da Stefano Accorsi, che proprio oggi lo ha ricordato con emozione sulla sua pagina Facebook: <<Oggi, vent’anni fa. 
Radiofreccia usciva al cinema. Ci sarebbero molte cose per me da dire su questo film, dall’incontro con Ligabue fino ad arrivare a oggi, perché non si è fermato un attimo. Però se dovessi sceglierne solo una è che ogni volta che lo rivedo mi emoziono tanto e mi tornano in mente tutte le cose di cui sopra:). In fondo Radiofreccia non sente il tempo che passa perché per me è semplicemente un gran bel film >>. Non c’è da aggiungere altro, solo ascoltare, con Rebel Rebel di David Bowie a chiudere.

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Un grazie speciale a Massimo Poggini e Riccardo Bertoncelli, che con i loro lavori su Luciano sono stati preziosi ancora una volta.

 

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