I "vuoti di memoria" di Pino Scotto

Un Pino Scotto "a sorpresa": rilegge classici della nostra canzone d'autore ed evergreen del rock internazionale

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Vuoti di memoria
di Pino Scotto (Valery) Voto: 6/7


Il rocker per eccellenza del metal nostrano cambia registro e si presenta come interprete della canzone d’autore, quella che ha lasciato il segno nel suo animo di ribelle. Vuoti di memoria inizia con l’inedito La resa dei conti, per esprimere da subito grinta e concetti di politica spicciola, quella che lo pone da anni contro il malaffare e la corruzione attraverso trasmissioni per Rock TV. Pino-Cover-Vuoti-di-Memoria_BLui ha già deciso da che parte stare, la storia dirà se quella era la parte giusta. Intanto, più delle parole in sé, in questo album risuonano le bordate di chitarre elettriche affidate a vari chitarristi, tra cui Filippo Dallinferno, Ricky Portera e Olly Riva, che si occupa anche della produzione e dei missaggi.
La prima cover, Il chitarrista, riporta alla ribalta una canzone e un artista poco ricordato come Ivan Graziani, musicista abruzzese scomparso nel 1997. Alla batteria troviamo il figlio Tommy, mentre l’altro figlio Filippo duetta con Pino, che si rivela interprete efficace. Ancor più convincente risulta la riproposizione di E se ci diranno, uscita come retro di Ciao amore, ciao, la canzone del tragico Festival di Sanremo 1967. Pino Scotto ridà forza a questo brano di Luigi Tenco dai forti connotati politici e sociali, in largo anticipo sulle contestazioni del 68.
Proseguendo nell’impegno, con una oculata selezione, il cantante sfodera la sua “negritudine” vocale nella ballata Povera patria di Battiato, con un testo sferzante e purtroppo sempre attuale. Più consona ai canoni rock la successiva Svalutation di Celentano, con l’infuocata chitarra di Maurizio Solieri; per passare all’apparente leggerezza di È arrivata la bufera di Renato Rascel, scritta dopo l’entrata in guerra dell’Italia al fianco di Hitler. Partecipa al canto un ritrovato Drupi. Con Rock’n’roll core si chiude la parentesi delle cover andate a pescare nella nostra canzone d’autore per tornare al vecchio amore metal rock di pregiata fattura. L’album prosegue con Elvis Presley, primo amore adolescenziale di Scotto, con Heartbreak Hotel, passando ai poderosi Motörhead di Stone dead forever e a Gary Moore di Still Got The Blues, fino al fragoroso Ted Nugent (Still raising hell) e all’intramontabile Hoochie Coochie Man di Muddy Waters, con Fabio Treves all’armonica.
Un album che riafferma le indiscusse doti artistiche di un veterano del rock italiano, uscito in contemporanea con il libro Vanadium, la biografia ufficiale (Crac edizioni), il gruppo heavy metal capitanato da Pino Scotto che fece furore negli anni ‘80.

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