La teoria del tutto di James Marsh con Eddie Redmayne e Felicity Jones  7-

La storia della fisica può essere una fisica dei sentimenti?

Si possono spiegare i buchi neri con gli amori dello scienziato che li studia? La teoria del tutto non è il film che ti aspetti dal titolo. Oppure è il film che temi, dati gli elementi melodrammatici dell’insieme. Il giovane Stephen Hawking è un genio precoce: mentre a Cambridge capiscono che ha le doti per cambiare la storia della fisica dopo Einstein, viene aggredito e abbattuto dalla malattia del motoneurone o MND: la muscolatura l’abbandona in veloce progressione e gli diagnosticano la morte entro due anni: siamo negli anni Sessanta e la MND viene identificata con la Malattia di Lou Gehrig, o SLA, quindi non darebbe scampo.  Contro tutto e tutti la fidanzata del genio, Jane, lo vuole sposare e sfidare il tempo. Lui intanto nel breve tempo che sa di avere cerca di arrivare a scrivere la sua Breve storia del tempo e a determinare che il tempo ebbe un inizio. Vuole lasciare una teoria unificatrice che spieghi TUTTA la fisica e l’universo dei fenomeni,  la mitica TOE, Theory Of Everything, appunto la Teoria del tutto.   Gli elementi quindi sono quelli dei film che di solito vanno agli Oscar: un attore impegnato nella durissima performance di appassionarti alla sua lotta contro una malattia devastante o di appassionarti alla potenza e all’eleganza delle sue equazioni  anche se tu non le capisci né nel film né nella vita normale. Eddie Redmayne è bravissimo: sembra proprio l’Hawking che abbiamo visto nelle fotografie, ironico e deformato dal male, in vita contro ogni aspettativa, aiutato dal suo cervello e dalla robotica ad affascinare gli spettatori. E gli hanno dato il Golden Globe e la nomination all’Oscar (anche a Felicity Jones).

Eppure, qualcosa non va.

Mentre guardi gli sviluppi è come se continuassi a ripeterti però lo sapevo già. Lui e Jane avranno tre figli, lui dovrà ridursi a usare una voce sintetica, sia per cambiare la fisica dei buchi neri che per entrare in una canzone dei Pink Floyd, avranno amore e disamore, si separeranno, lui  si metterà con la sua infermiera, lei si sposerà con il maestro del coro che le era stato vicino negli anni più duri, lui rifiuterà il titolo di baronetto e la Teoria Del Tutto alla fine l’ha scritta lei, questa, la bio da cui è tratto il film, ovvero la sua storia d’amore con Hawking. Dove c’è tutto il suo punto di vista. Tutto così lineare, ovvio, tradizionale, che alla fine ti sfugge: quando stai per capire come funziona la mente di Hawking si passa al quotidiano doloroso della malattia e dei sentimenti, quando ti dici allora è una biografia del privato straziante e vuoi capire la libertà religiosa e sessuale di quest’uomo ecco che ti spostano sui riconoscimenti del mondo scientifico e capisci perché hai quella sensazione di sapere già tutto senza emozioni particolari: l’avevi già visto, era  la sequenza di immagini da rotocalco che ti dicono che lui prima era in piedi e poi stava male, che prima stava con lei e poi stava con l’altra, che la scienza talvolta l’osannava e talvolta non lo capiva. Insomma, fare una Teoria del tutto è complicato, anche per un regista bravissimo nel documentario come James Marsh, se sceglie la via dell’ovvio. Hawking stupì tutti con una conferenza sul tema Finché c’è vita c’è speranza, che detto da lui ha un effetto ironico e deflagrante, ma usato per chiudere una sequenza di avvenimenti suona come un semplice luogo comune. Per i misteri dell’universo siete invitati a usare i libri scritti dal genio…

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