Corri ragazzo corri
di Pepe Danquart con Adrzej e Kamil Tkacz
Dal libro di Uri Orlev la storia vera di Yoram Friedman, che per due anni, dopo lo sterminio della sua famiglia, vaga nei boschi polacchi dove i nazisti non entrano per via dei gruppi di resistenza. Vaga col nome di Jurek Staniak, scelto in base ai ricordi che lo tengono in vita. La guerra guerreggiata lo sfiora: deve affrontare soprattutto fame, freddo, solitudine. Dorme all’addiaccio, evita le pattuglie, incrocia i partigiani, si trasforma in un piccolo animale che di tanto in tanto esce dalla foresta e chiede aiuto ai contadini. Deve ridursi a rubare abiti e cibo, elemosinare, fingere di essere cattolico, chiedere lavoro, ripartire o fuggire. Trova cuori di pietra, individui indifferenti, persone nobili e delatori pronti a venderlo ai nazisti. Un paio di passaggi sono più definiti: l’incontro con una donna legata alla resistenza che lo addestra e lo protegge, e un incidente in una fattoria in cui perde un braccio. A quel punto un film prevedibile e identico a molti altri, con un solo effetto speciale sale in durezza e diventa la storia di un piccolo uomo che deve affrontare la morte, più che la vita, con un braccio solo, trovare una famiglia e alla fine della guerra decidere il suo destino. La Shoah dagli occhi di un bambino per occhi di bambini. Dal regista di un docu che ha vinto l’Oscar, Schwarzfahrer. Curiosità: il piccolo Yoram/Jurek è interpretato da due gemelli. Anche il regista ha un gemello regista (Didi Danquart). Per tre giorni dal 26 al 28 gennaio