
Ogni occasione per visitare la pinacoteca di Brera è una buona occasione. In più l’istituzione delle mostre cosiddette “a chilometri zero” – inaugurate a Milano da Giovanni Agosti con uno splendido Bramantino al castello Sforzesco nel 2012 – è cosa buona e giusta. Come la mostra Bramante a Milano (fino al 22 marzo alla Pinacoteca di Brera), in cui quasi tutte le opere esposte sono di collezioni lombarde, soprattutto milanesi e la maggior parte di quelle del Bramante sono di proprietà della pinacoteca stessa. Bramante -nato vicino a Urbino- visse a Milano dal 1477 al 1499 e, sebbene già affermato, non aveva ancora intrapreso l’attività di architetto “puro” che avrebbe contraddistinto la successiva attività a Roma.
Queste mostre ci invitano a guardare alcune opere con occhi diversi, sicuramente con maggiore attenzione. Il Cristo alla colonna è esposto nella stanza scrigno della raccolta a fianco di Piero e di Raffaello ed è uno dei pezzi forti di Brera. Ma gli affreschi strappati e trasportati su tela dalla casa dell’amico e mecenate Gaspare Ambrogio Visconti, dove l’artista visse, rischiano in una visita ordinaria di rimanere in ombra sommersi come sono da altri capolavori.

E invece -posti in una cornice diversa, valorizzati da un allestimento particolare (sebbene non proprio felice)- si guardano, finalmente, con l’attenzione che meritano. Rappresentano maestri d’arme probabilmente spadaccini e nerboruti personaggi contemporanei e, bellissimo, un Eraclito e Democrito, ritratti, secondo la moda del Cinque-Seicento, l’uno piangente e l’altro ridente (tutti del 1486-87).
Bramante fu un gigante, un ponte tra Quattro e Cinquecento. Il suo contributo all’architettura deve essere paragonato a quello di Leonardo e Michelangelo in pittura e scultura. L’impronta da lui lasciata sulla pittura rinascimentale lombarda è immensa: è vero, a differenza dei “leonardeschi”, non ci sono i “bramanteschi”, ma la sala con gli altri artisti lombardi è rivelatrice della sua influenza. Anche in questo caso un’occasione per guardare finalmente come meritano capolavori solitamente schiacciati tra Carpaccio e Luini: Butinone, Bergognone, Foppa, Zenale, oltre -ovviamente- a Bartolomeo Suardi detto il Bramantino.
Insomma vale. Poi, naturalmente, è obbligatoria la visita a Santa Maria presso San Satiro (via Torino), al cortile di Sant’Ambrogio e dell’Università Cattolica (piazza Sant’Ambrogio) e a Santa Maria delle Grazie (corso Magenta), capolavori bramanteschi sparsi per la città.