Sono nato in Emilia. A Reggio. Nell’Emilia. Il sangue che mi scorre nelle vene non è completamente emiliano, essendo mio padre di Brescia. Ma ho nell’accento, nel pensiero, nel modo di vivere e di fare tutte le “stimmate” dell’Emilia e degli emiliani. Se cominciassi ora a fare l’elenco di tutte le cose che ritengo facciano dell’Emilia una terra suprema e di eccellenza a livello mondiale non finirei mai. Il problema è che l’Emilia, quel gran pezzo dell’Emilia, l’Emilia di Radiofreccia…. non c’è più.
L’altro giorno è nevicato. Tantissimo e in pochissimo tempo. E’ stato davvero duro, perchè al momento in cui scrivo ancora centinaia di famiglie non hanno la corrente, l’acqua calda e le utenze telefoniche. Ma al di là di effettivi disagi come questi ho visto in giro troppa rabbia e rassegnazione. Ho visto gente ormai adagiata nel praticare quello che un tempo era uno sport nazionale che non toccava la cultura emiliana: lamentarsi.
Certo, mica tutti. E devo dire che tra molte lamentele rabbiose e immotivate c’erano anche reali disagi. Causati da un altro tratto tipicamente italiano che fortunatamente non toccava la nostra terra: la disorganizzazione. Immobilismo e disorganizzazione sono un mix letale.
Qualche giorno prima in tutta l’Emilia sono state arrestate più di 100 persone che facevano parte di una cosca della ‘Ndrangheta. In Emilia c’è la mafia. C’è gente contenta che sia tirato il terremoto. C’è gente che tratta e fa affari con i mafiosi. E non si fa problemi, anzi, perchè in fondo “Oh, ragazzuoli, funziona così!”.
In Emilia non esiste più una tradizione musicale degna di questo nome. In Emilia non ci sono più concerti. Non ci sono più artisti emergenti con la A maiuscola. Cremonini è forse l’unica eccezione. Che conferma la regola però. In definitiva si è spento tutto il fermento culturale (non solo musicale) che caratterizzava questa parte d’Italia.
L’Emilia, pur essendo ancora un’isola felice per certi aspetti, si è adeguata alla bruttura in cui è precipitata l’Italia tutta. E allora parte la nostalgia.
Il libro più bello che ho letto ultimamente in cui si parla di cosa fosse davvero l’Emilia “una volta” è Il suono della domenica, l’autobiografia di Zucchero Sugar Fornaciari, da Roncocesi (RE). Zucchero ha descritto con amore, trasporto e ruvida lucidità la sua infanzia nell’Emilia vera, quella che ancora ci fa luccicare gli occhi. Per l’orgoglio, soprattutto. E la nostalgia.
C’è un punto in cui descrive il tragitto che faceva in vespa la domenica con suo padre per andare a vedere i concerti al Lido Po a Boretto. Sono i suoi luoghi dell’anima. Roncocesi-Cadelbosco, la fermata al Saloon Bar di Castelnovo di Sotto e poi via verso Boretto (chissà perchè non ha citato Poviglio, magari avrà litigato con qualcuno…o forse passavano da Meletole..). Scusate la piccola divagazione personale, ma è per spiegare cosa ti prende quando ti ricordi com’era la gente in Emilia una volta, com’era l’Emilia una volta.
Ma probabilmente sono cambiato anche io.
Ps.: la vedete quella chitarra che Zucchero sta usando? La Gibson acustica? Un giorno vi racconterò un aneddoto divertente al riguardo..
Una frase molto vera..
“L’Emilia, pur essendo ancora un’isola felice per certi aspetti, si è adeguata alla bruttura in cui è precipitata l’Italia tutta.”
Io ho trovato molto vera anche questa: “Ho visto gente ormai adagiata nel praticare quello che un tempo era uno sport nazionale che non toccava la cultura emiliana: lamentarsi.”
la fermata al saloon bar … di castelnovo di sotto . bello ….quel posto. Poi per la Gibson ho l’impressione di sapere …..