Vi racconto il mio Erasmus a Salamanca

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La meravigliosa Plaza Mayor illuminata

Quando mi si è presentata la possibilità di partire per l’Erasmus, avevo solo una certezza: sarei andata in Spagna. Perché, se è vero che si tratta di un progetto universitario, è anche vero che l’Erasmus è soprattutto una delle esperienze più divertenti e pazzesche della propria vita, e quindi è giusto sfruttarla appieno. È con questo spirito che sono partita alla volta di Salamanca, completamente allo sbaraglio: sola, prenotando il volo due giorni prima, senza un posto in cui dormire e senza sapere una parola di spagnolo. Insomma, in perfetto stile Erasmus!
Situata a 200 km da Madrid, più vicina al confine con il Portogallo che alla capitale spagnola, Salamanca è un autentico gioiellino, una delle città più belle dell’intera penisola iberica. Il centro storico, zona quasi esclusivamente pedonale, è estremamente circoscritto. Gli edifici di maggior pregio, tutti situati nell’arco di pochi chilometri, sono la Cattedrale antica in stile romanico, la Cattedrale nuova gotica, la Casa de las conchas, un edificio, ora adibito a biblioteca, le cui mura esterne sono ricoperte da conchiglie (conchas, in spagnolo), l’università e il Convento de San Esteban. Ma il vero capolavoro della cittadina è la sua Plaza Mayor, un immenso quadrato di 6400m² in stile barocco e con sei porte che la collegano alle strade adiacenti. La sera, quando le facciate sono illuminate, lo spettacolo è assicurato e si capisce subito perché quella di Salamanca sia considerata da molti la piazza più bella di tutta la Spagna.
Ma, al di là dei singoli edifici, ciò che colpisce di più di questa città sono gli scorci, le viste che in ogni momento della giornata regalano scenari diversi, ma sempre mozzafiato. E qui però una precisazione è doverosa, visto che per “giornata” gli spagnoli hanno un’idea ben diversa da quella che abbiamo noi: come se ci fosse una sorta di jet lag di 6-7 ore e la mattina fosse considerata “illegale”. Qui le giornate iniziano davvero tardi e, quando non ci sono lezioni, i più pigri (tra cui la sottoscritta) possono stare sotto le coperte fino alle 3 del pomeriggio. Inutile dire che tutto questo porti a vedere le cose con un’inusuale allegria: mangiare per “colazione” un bel piatto di pasta e uscire quando fuori il sole è già alto sono ottime pillole per il nostro umore. Naturalmente, l’orario di queste “levatacce” è motivato da quello che si è fatto la sera prima perché, se è vero che New York è la città che non dorme mai, probabilmente chi ha inventato questo proverbio non era stato in Erasmus a Salamanca!
Le serate qui prima delle 11 non iniziano. In genere, con un botellón (“grande bottiglia”, vale a dire una festa a base di alcool) nell’appartamento di qualche ragazzo. Queste feste si protraggono fino all’una, le due di notte, quando si esce per fare il giro di almeno 4-5 locali della città. E qui le nottate continuano bagnate da sangria e agua de Valencia, un cocktail a base di spumante, succo d’arancia, vodka e gin. La “serata” termina solitamente verso le 8 di mattina, in una discoteca o in un locale dove si balla la salsa. O meglio, la serata termina così per gli stranieri. Per noi italiani, invece, si protrae quasi sempre nel piso (appartamento) di qualche connazionale, di fronte a un bel piatto di pasta: si sa, anche a quest’ora del mattino agli italiani piace trattarsi bene!
Ecco, questo rituale si ripete non meno di cinque volte a settimana. Un ritmo che non mi potrei mai permettere in Italia, ma impossibile da non seguire qui in Spagna.
Comunque, la cosa che veramente conta in queste serate, è la gente. A Salamanca, le amicizie si creano con una facilità disarmante. Si parlano le lingue in comune, slittando con disinvoltura dallo spagnolo all’inglese, dal francese all’italiano, aggiungendo le famose “esse”. Insomma, l’importante è capirsi. E questo avviene quasi sempre perché, se è vero che siamo ragazzi provenienti da paesi diversi con lingue che spesso non hanno niente in comune, siamo tutti figli dell’Unione Europea. Studenti della stessa età, con le stesse esigenze e la stessa voglia di divertirsi stando insieme e condividendo questa esperienza pazzesca. Certo, le differenze di mentalità tra i vari paesi sono tante. Qui ho conosciuto moltissimi giovani che alla domanda «Lavori o studi?», rispondevano «viaggio», quando io pensavo che questa fosse una risposta che si potevano permettere solo le vecchie ereditiere. Invece all’estero la percezione della propria vita è del tutto diversa da quella italiana. Per viaggiare è sufficiente un sacco a pelo, che comunque non è necessario, un cartello su cui scrivere la meta dell’hitchhiking, e poi solo tanta voglia di fare nuove esperienze.
Seppure nella mia vita abbia avuto l’immensa fortuna di girare quasi tutta l’Europa, spesso ospite di abitanti del luogo, l’Erasmus è stato sicuramente l’esperienza più importante e piena che abbia mai vissuto. E non posso fare a meno di consigliarla a tutti i ragazzi della mia età. Intanto, perché mi ha consentito di imparare la lingua con molta facilità e mi ha confermato una volta di più quanto sia stato fondamentale avere studiato l’inglese e il francese. Anche perché posso assicurare che essere catapultati in un mondo nuovo, senza avere la capacità di comunicare, è un’esperienza tosta.
In secondo luogo, questo è il mezzo perfetto per mettersi alla prova e misurare la propria maturità. Il viaggiare è un continuo confrontarsi con realtà differenti, che obbliga ad ampliare il proprio campo visuale, facendoci capire che la nostra realtà non è che una delle tante presenti sulla terra. Non merita né meno né più rispetto delle altre, semplicemente esiste. Ma da questo confronto non si può che uscire vincitori, arricchiti, perché partecipi di qualcosa prima estraneo, che ci ha fornito i mezzi per indagare il mondo, e amarlo ancora di più in tutte le sue diversità.
Ora scusate, ma devo proprio andare: c’è una meravigliosa cena internacional nell’appartamento dei miei cinque amici: un tedesco, un italiano, un americano, uno spagnolo e una francese. Saremo una quarantina, provenienti da più di dieci paesi diversi. Sarà un bel melting pot!
W l’Erasmus!

 

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