Eco. Numero Zero. Stampare il fango

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ecoUmberto Eco ha sempre scritto romanzi multistrato. Colti, sovraccarichi di dati, colmi di erudizione, spesso divaganti in mille direzioni.  Per dire, stavi a seguire le avventure di Guglielmo da Baskerville nel Nome della rosa e ti imbattevi nei bogomili e nelle altre sette ereticali, incappavi in streghe e libri perduti della Poetica di Aristotele.
Anche di recente, nel Cimitero di Praga, mentre pedinava l’invenzione del Protocollo dei Savi di Sion, ogni tanto il professore lasciava la retta via del plot per perdersi dietro Freud alla Salpetrière, raccontare del poeta pazzo Gérard de Nerval, ingolosirsi davanti ai menù ipercalorici dei restaurant parigini dell’800.  Insomma, narrativa dell’abbondanza: istruirsi divertendosi, e/o viceversa. Insomma, un Dan Brown che ha fatto le scuole giuste. Che ha il gusto dell’intrigo, del mistero, del complotto ma non sbaglia un nome, un avvenimento o una data.
Nell’ultimo romanzo, Numero zero, Umberto Eco non istruisce e non diverte, e anzi dà l’impressione di non essersi divertito lui per primo. Colpa della contemporaneità, forse più difficile da maneggiare del medioevo.
Siamo nel 1992, mancano due mesi all’esplosione di Tangentopoli che dinamiterà tutti i partiti della prima repubblica, democristiani e socialisti in primis. Mancano due anni alla discesa in campo di Silvio Berlusconi. A Milano, un industriale che possiede alberghi, case di cura, qualche emittente da televendite e una ventina di periodici variamente trash, vuole farsi un quotidiano. Ingaggia un tale Simei come direttore, e con l’aiuto di un vice, un ghost writer colto che passa di insuccesso in insuccesso, allestisce una piccola redazione di sei persone: un correttore di bozze, un esperto di enigmistica, un cronista infimo di quelli che fanno il giro di commissariati e ospedali per prendere nota dei decessi e degli arresti, un dossierista che forse è una spia, un dietrologo paranoide.
Con sei sfigati del genere non ci fai neanche il giornalino scolastico, invece questi faranno Domani, quotidiano destinato a non uscire perché basterà farlo annusare nelle “stanze dei bottoni”, con il suo carico di allusioni, piccoli scheletri nell’armadio e indiscrezioni infamanti, per procurare all’editore una poltrona nel salotto buono dell’economia e della finanza. Eco dà fondo a tutti i trucchi del mestiere (e al riciclaggio di molto di quel che ha scritto nelle sue rubriche settimanali) per spiegare come si trucca una notizia, come si insinua, come si diffama senza correre rischi, come si smentisce senza smentire. C’è spazio anche per elenchi di luoghi comuni e di bizzarrie varie e assortite.
Fin qui, routine blandamente soporifera. Ma il complottista paranoide della redazione dà corpo, con induzioni e illazioni strettamente concatenate, al supercomplotto del secolo, da fare impallidire i fessi che dicono che l’attentato alle Torri Gemelle l’ha fatto la Cia e che lo sbarco sulla luna non c’è mai stato. Tenetevi forte: Benito Mussolini non è morto e al suo posto i partigiani hanno fucilato un sosia. Rifugiatosi in Argentina, il dittatore è in realtà il Grande Vecchio dietro tutte le stragi e tutte le trame: sequestro Moro e Piazza Fontana, Italicus e tisana a papa Luciani, Brigate Rosse e Lupi Grigi, Piano Solo e golpe Borghese. Mancano Kennedy e Martin Luther King, Charles Manson e l’assassinio di John Lennon, Calvi e Sindona, la Piovra Gigante e Jim Morrison che non è morto, il paese siciliano che ogni tanto va a fuoco e Amanda Lear che in realtà è un uomo, e la storia di Al Crapone latitante nella pampa diventa l’enciclopedia dei complotti e dei misteri.
Il delirio di un pazzo? Il giornalista convinto che Mussolini non sia morto muore però lui, fatto fuori in una viuzza malfamata di Milano, la Stretta Bagnera, che nell’ultimo decennio ha già ispirato altri tre scrittori. L’accurata inchiesta di un reporter di razza? Un documentario della Bbc sembrerebbe confermarlo. Intanto il giornale chiude e Jago governa a Cipro.
Un romanzo svogliato e confuso, che vorrebbe denunciare il malcostume dell’informazione italiana più persecutoria e ricattatrice ma ne fa una parodia sfocata, un po’ come se Tutti gli uomini del Presidente l’avesse diretto Neri Parenti. Che vorebbe mettere alla berlina dietrologie e complottismi e diventa involontariamente dietrologo e complottista. Con avversari del genere, la “macchina del fango” può continuare a inzaccherare indisturbata.

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