Io sono Mateusz
di Maciej Pieprzyca
con Dawid Ogrodnik, Dorota Kolak, Arkadiusz Jakubik, Helena Sujecka, Mikolaj Roznerski
Voto 7
Il bambino Mateusz si trascina per casa sul pavimento, contratto e spastico come un animale kafkiano. Diagnosi: paralisi cerebrale. Nella Polonia degli anni Ottanta è considerato un vegetale impossibilitato a comunicare, rigettato dagli psicologi come dai guaritori. Una tragedia. Fortuna che ha genitori amorevoli… Un momento: voce fuori campo. “Aspettavo solo il momento giusto per far vedere loro chi fossi veramente. Avevo deciso prima di imparare e poi vedere cosa sarebbe successo”. Prigioniera del corpo di Mateusz c’è la sua mente. E il suo punto di vista. Essere imboccato (lui conta 13 cucchiai di pappa al giorno, 91 a settimana, almeno 400 al mese) è la sua matematica; la sua sociologia osservare i vicini, la sua geografia sapere che i pacchi aiuto arrivano dalla Germania est, il suo insegnante di progettazione e tecnologia il papà operaio cocciuto. E poi c’è l’anatomia: spiare nude le vicine ciccione che si fanno tagliare i vestiti dalla mamma sarta. Quando uno dice “le tette e le stelle sono le più grandi invenzioni di Dio” non lo puoi compatire. E poi nel 1989 “papà abbatte il comunismo” con Walesa. Insomma, questo film è un inno alla vita (e infatti nell’originale suona La vita è bella). E spesso atrocemente divertente. Chiuso in un istituto per disabili mentali Mateusz si lamenta “di essere lasciato in mezzo a deficienti” fino a che non arriva la volontaria a cui non guarda le tette. Sono cresciuto, pensa … Ma perché le donne attratte da Mateusz hanno sempre giganteschi problemi ? È una costante…La storia è vera. La voce interna del vero Mateusz ci mise molti anni per essere scoperta e ascoltata, con il consueto sistema di riconoscimenti dei segnali e di chiusura degli occhi (una volta sì, due no, eccetera). Il film ha ramazzato tutti i premi in patria e fuori. È un punto di vista diametralmente opposto all’angoscia di Lo scafandro e la farfalla di Julian Schnabel. Definirlo zuccheroso non sarebbe giusto. Non è il consueto film da Oscar dove l’handicap è l’epicentro della recitazione (l’attore comunque è un mostro). Diciamo che il regista guida un film parallelo con la voce fuori campo. Un espediente retorico che risale al Tristram Shandy di Sterne ed è passato attraverso Forrest Gump.