Appena entrati ci accoglie un magnifico bronzo di Aron Demetz, poco più che quarantenne artista altoatesino noto per le sue evocative sculture lignee. Rappresenta una donna accovacciata con un bimbo aggrappato sulle spalle e s’intitola Homo Erectus. Ci invia messaggi ancestrali, carichi di interrogativi inquieti e irrisolti in un silenzio assordante, che ricorda quell’unica verità, la stessa che identificano le statuine della Dea Madre, i piccoli idoli e le stele antropomorfe del neolitico e dell’età del ferro che la circondano in un dialogo suggestivo ma insieme teso e problematico: l’uomo diventerà “sapiens” solo grazie al sostegno e alla solidità, all’affidabilità e all’amore della madre, che sempre di lui si è fatta e si farà carico.

Luca Signorelli - Annunciazione, 1491
Luca Signorelli – Annunciazione, 1491

È questo il messaggio che arriva forte e chiaro dalla magnifica mostra Mater. Percorsi simbolici sulla maternità aperta al Palazzo del Governatore nel centro di Parma fino al prossimo 28 giugno. Proposta su due piani con un allestimento riuscito e mai stridente, neppure negli incontri tra modernità e preistoria, affascina immediatamente e “ci accompagna nella scoperta di valori estetici, sociali, affettivi, sul tema del miracolo della vita, miracolo legato alla figura della donna in un rimando simbolico e inseparabile”, come dice Federico Pizzarotti, sindaco della città di Maria Teresa.
Non solo, tutto l’itinerario espositivo, così carico di simboli, linguaggi e richiami da scavare oltre il già appagante “primo impatto”, ci illustra forte e chiaro (e per certi versi, in forma liberatoria per la prima metà del cielo) come utilizzare il concetto di superiorità maschile per spiegare la storia dell’evoluzione umana e dell’organizzazione sociale dai primi gruppi a oggi sia un presupposto teorico inaffidabile e fuorviante. E del tutto astorico.
Seguendo una traccia tematico-cronologica, sempre arricchita da significanti intromissioni, si parte dal rapporto fertilità/maternità, illustrato nei suoi continui rimandi tra terra e cielo, tra umano e divino, da reperti archeologici votivi, urne cinerarie con demoni femminili dalle grandi ali, forme archetipiche di donne con bimbo oppure con un disco lunare, cui si sommano l’“Artemide Efesina” dalle cento mammelle dei Musei vaticani (“pastiche” cinquecentesco su modelli romani), due figurine filiformi ed essenziali di Alberto Giacometti e la muta ossessione della “Divinité” del surrealista Max Ernst.
Seguono le sezioni sulla “ciclicità del cosmo”. Nella quotidianità: i celebri bambini in fasce ex-voto del santuario di Vulci, i sonaglini a forma di uccelli, maialini e neonato, le statuette di nutrici, la curiosa tavoletta d’avorio raffigurante il parto del I sec. d.C., uno speculum vaginale romano e i poliuretani espansi contemporanei di Piero Gilardi, intensamente opulenti e verdi. Nella donna: i corredi tombali, statuette giocattolo, argille di donne intente a lavare un infante e a banchettare, un tardo busto di Iside e quello incantevole di Proserpina in terracotta. Tutto, o quasi, di epoca romana.

Busto di Proserpina, 160 a.C.
Busto di Proserpina, 160 a.C.

La “maternità rivelata” ci porta al dopo 325, quando al Concilio di Nicea si assunse il dogma di Maria come Madre di Dio. Dal XIV secolo fino alla videoinstallazione del 2002 “Study for Emergence” di Bill Viola, si passa da Bartolo di Fredi alle icone greche e russe, dalla magnifica “Annunciazione” di Luca Signorelli all’“Immacolata Concezione” del Tiepolo, da Mantegna, Veronese, Rosso Fiorentino alle “Pietà” del Correggio e di Andrea Campi.
Seguono le immagini otto-novecentesche – e gli oggetti, forcipi, clisteri, cuffiette, collane… – della maternità laica e borghese e della sua rilevanza sociale, tra superstizione e devozione: l’iconica “Maternità” di Gino Severini, “Le madri” intensissime di Raffaele Borella, “L’esodo” di Amedeo Bocchi, il commovente “Ricordati della mamma” di Amedeo Feragutti Visconti e la cattiva madre “Medea”, in un affresco di Ercolano, e la mal indotta figlia “Erodiade con la testa del Battista” del seicentesco Francesco Cairo.
Dopo le strisce di Antonio Crepax dedicate alla gravidanza ne “Il bambino di Valentina”, le sale contemporanee “Alla ricerca di un nuovo archetipo”, con Messina, Fontana, Pistoletto, Kuatty, chiudono una mostra assolutamente da vedere. Per donne e soprattutto uomini. Magari insieme.
P.s. Se non potete andare a Parma e acquistarlo in mostra, cercate il catalogo. Edito da “L’Erma” di Bretschneider è imprescindibile: in oltre 400 pagine propone 35 saggi divisi in cinque sezioni (“maternità come origine”, “maternità rivelata”, “dalla maternità sacra alla maternità borghese”, “maternità negata”, “interpretazioni”), punteggiati dalle schede delle oltre 170 magnifiche opere.

 

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