Chelsea Hotel. Il rock raccontato con stile

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«Parlare di musica è come ballare di architettura», diceva Frank Zappa. Altri tempi. Ora di persone che parlano meravigliosamente di musica ce ne sono tante. Quello che manca, semmai, sono gli spazi, le situazioni per poterli ascoltare.
Parlare di musica. Con il cuore e con lo stomaco. Chelsea Hotel è questo: è la passione di anni che non si accontentano più di essere un semplice ricordo, ma che tornano vivi, prepotenti. Perché non sanno fare altro. Perché non rimane altro che il loro grido, “cry baby”… È amore puro per la musica. Viscerale. Lei è raccontata in tutta la sua irruenza, nella sua sporcizia, nella sua pericolosità e nel suo bisogno di essere sempre al limite, perché in quel Chelsea Hotel, quello che c’era a New York, il limite lo si è passato tante volte… Sid Vicious lì accoltellò e uccise la sua ragazza Nancy Splungen. Sid Vicious, sempre lì, un anno dopo morì.
E ancora Dylan Thomas vi si ubriacò fino a collassare tra le braccia dell’amante di turno. Si narra perfino che Jack Kerouac scrisse una prima stesura di On the road sui rotoli della carta igienica della sua stanza del Chelsea. Tutto questo lo racconta Massimo Cotto e lo canta Mauro Ermanno Giovanardi, accompagnato da Matteo Curallo alla chitarra e al piano.
Spesso questi spettacoli si traducono in ostentazione da parte dell’artista di fronte al pubblico “ignorante” per definizione. In questo caso non è così. I curricula dei personaggi sul palco parlerebbero da soli, eppure l’atmosfera è più da prove generali, da serata tra amici per ripensare ai tempi che furono, o magari raccontarli a chi non c’era.
Massimo Cotto è superlativo. Personalità a tutto tondo: oltre a dare ennesima prova della sua grande preparazione (ma questo già si sapeva) si muove sul palco da attore consumato. Ma racconta. Non recita, racconta. Ed è impossibile non essere risucchiati in quel vortice di stanze, numeri e corridoi. Mauro Ermanno Giovanardi è senza dubbio una delle nostre più belle voci. Probabilmente più a suo agio con i pezzi in italiano, come dimostra l’interpretazione de Il vino di Piero Ciampi, eseguito magistralmente. Ipnotizza chiunque gli si trovi davanti, trascinandolo in una travolgente ebbrezza di musica.
Questo è uno spettacolo raro e delicato. Uno di quei ricordi da conservare gelosamente in qualche cassetto quasi dimenticato, per poi rituffarvisi nei momenti di maggior sconforto.
Ecco, in questo spettacolo si parla di musica, se ne parla meravigliosamente. E chissà se un giorno si potrà pure ballare d’architettura…cotto giovanardi chelsea hotel

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