In principio si chiamava happy jazz, jazz felice. Poi passarono a definirlo in maniera più piatta smooth jazz, jazz tranquillo, oppure più onnicomprensiva adult contemporary music. In realtà il sound strumentale che combina la fusion più soft alla new age più stimolante meritava una catalogazione “positiva”, “emozionale”, persino “sensuale”, perché questi sono gli aggettivi che meglio si attagliano a un genere che negli Stati Uniti in particolare vanta milioni di fans, grazie anche a numerose radio, riviste, siti web specializzati.
In Italia ha sempre fatto arricciare il naso alla critica musicale, specialmente quella jazz, che ne bolla senza mezzi termini la “facilità”, la “banalità delle soluzioni”, la “piattezza prevedibile del melodismo”. Più o meno le caratteristiche che hanno permesso all’esponente di punta di questo genere, Kenneth Gorelick in arte Kenny G, di vendere in tutto il mondo oltre 75 (settantacinque!) milioni di dischi, di gran lunga il numero uno per quel che riguarda gli album strumentali.
Per chi comunque crede, come il sottoscritto, che chi compra, pur non avendo ragione in ogni frangente, quasi sempre ha dei buoni motivi, il quattordicesimo album di studio del boccoluto musicista statunitense di origini polacche è una chicca da ascoltare. Si intitola Brazilian Nights ed è dedicato alla bossa nova, il genere musicale brasiliano che di fatto è una reinterpretazione del samba secondo un’ottica più jazzata e più minimalista.
In un’intervista del 1999, tempi non sospetti quindi, Kenny dichiarava che il suo disco preferito in assoluto era Cannonball’s Bossa Nova del sassofonista jazz Julian Edwin Adderley detto Cannonball (“palla di cannone”, che storpiava il giovanile “cannibal” dovuto all’appetito e alla conseguente mole del musicista), datato 1962. E citava tra le sue principali infuenze anche Dexter Gordon e Sonny Rollins, jazzisti di vaglia che si sono confrontati con esiti di alto livello proprio con la bossa.
“Ho speso un anno e mezzo di studio per impossessarmi di uno stile che amo da decenni”, afferma il protagonista, a dimostrazione di affezione, rispetto e attenzione verso il suono brasiliano. “Mi sono divertito e ho imparato molto durante la mia bellissima love story lavorativa e mi auguro davvero che ne riceva lo stesso piacere chi ascolta questo album. Io me ne accorgo quando mi siedo in poltrona dopo una lunga giornata e sento i suoni della mia bossa nova. È una sensazione che non si può descrivere a parole, ma spero lo facciano a tutti le melodie che suono.”
Lento, melodioso, scintillante e appagante, Brazilian Nights è un impeccabile disco di smooth jazz, rilassante, romantico, senza la minima sbavatura. Cinque classici di Tom Jobim e di Paul Desmond, di Vinicius e di Luis Antonio (“Corcovado”, “Girl From Ipanema”, “Menina Moca”…) si alternano alle proposte originali del sassofonista – usa come sempre soprattutto il soprano e qui è accompagnato dall’orchestra, oltre che dal partner abituale Walter Afanasieff, pianista e produttore – in chiave bossa. Tra esse, particolarmente riuscite la delicatamente pulsante “April Rain” e l’estrosa e cinematica title-track. Inoltre in coda ascoltiamo la versione dal vivo di quattro tra i più famosi brani firmati Gorelick (“Loving You”, “Heart And Soul”…).
Album che arriva dopo le esplorazioni nella musica latina di Rhythm And Romance (2008) e in quella indiana di Namaste (2011), rilassa, rasserena e allieta. Da ascoltare – parola di Kenny – “alla fine della giornata, quando nessuno vuole correre alcun rischio”. In particolare quello di pensare troppo alle difficoltà che sono nostre quotidiane compagne di strada.